Coronavirus: ecco dove si può sparare a chi non è in quarantena

Violetta Silvestri

02/04/2020

25/08/2021 - 12:13

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Il coronavirus rischia di legittimare soprusi inaccettabili nel mondo. L’ultima notizia allarmante arriva dalle Filippine, dove il presidente Duterte ha minacciato di uccidere chi non rispetta la quarantena.

Coronavirus: ecco dove si può sparare a chi non è in quarantena

Se è vero che la pandemia di coronavirus spaventa per numero di malati e decessi, ci sono posti nel mondo che cercano di allontanarla con misure davvero estreme. Come nelle Fillippine, dove il presidente Duterte sta adottando soluzioni di tipo più militaristico che interventi di ordine sanitario.

Succede, quindi, che nel lontano Paese asiatico le persone che escono di casa violando la quarantena rischiano addirittura di morire, uccise per ordine dello Stato.

L’esigenza di arginare i contagi e di sottoporre le popolazioni a maggiore controllo vista la situazione eccezionale del coronavirus, si sta trasformando in soprusi sui cittadini senza precedenti.

Dopo le assurdità dell’India, dove si possono bastonare i cittadini per strada e il singolare divieto in Turkmenistan di pronunciare la parola coronavirus, spicca la licenza di uccidere permessa da Duterte nelle Filippine.

Minaccia shock nelle Filippine: sparare a chi viola la quarantena

L’annuncio del presidente delle Filippine diramato tramite un discorso in TV alla nazione mercoledì 1 aprile è stato chiaro: la polizia e i militari riceveranno l’ordine di sparare a chiunque crei problemi o violi la quarantena.

Rivolto alla popolazione con tono di massima severità, l’alta carica dello Stato ha affermato:

“Questo è un avvertimento per tutti. Segui il Governo in questo momento perché è fondamentale seguire ordini. I miei ordini alla polizia e ai militari, se qualcuno crea problemi, mette le vite degli altri in pericolo è: sparagli. Non intimidire il Governo. Non sfidare il Governo. Perderai. Invece di causare problemi, ti manderò nella tomba

Un discorso poco rassicurante in un momento così difficile e di incertezza. Lo scopo primario di Duterte sembra avere la popolazione sotto controllo ed evitare lamentale, piuttosto che proteggere i cittadini dal pericolo dell’epidemia.

Non è un caso, infatti, che le parole del presidente siano arrivate a seguito di una manifestazione di protesta dei residenti di una baraccopoli di Quezon City.

Il blocco delle attività e la quarantena ordinate dallo Stato, infatti, hanno scatenato la rabbia e la disperazione di chi non può più lavorare e non ha cibo per sfamarsi. I cittadini del villaggio hanno quindi deciso di scendere in strada per esortare il Governo a fornire l’assistenza necessaria.

Gli agenti della polizia hanno arrestato 20 persone, spingendo molti dei familiari a continuare le proteste e a richiedere il rilascio degli uomini, urlando lo slogan: “ test di massa e non arresti di massa.

La richiesta dei cittadini a Duterte è di mantenere la promessa di un programma di protezione sociale di 200 miliardi di peso (4 miliardi di dollari) per aiutare le famiglie povere e coloro che hanno perso il lavoro durante il blocco.

Per ora, l’unica risposta concreta è stata l’uso della forza, che non placherà la fame di chi non ha lavoro.

Coronavirus nelle Filippine: cosa sta succedendo?

Il 17 marzo, il presidente Rodrigo Duterte ha ordinato un mese di quarantena di comunità potenziata sull’isola di Luzon per frenare la diffusione del coronavirus.

Le misure riguardano 57 milioni di abitanti, compresa la capitale Manila. Il trasporto pubblico è stato sospeso, gli esercizi commerciali non essenziali sono stati chiusi e posti di blocco presidiati dalla polizia e dai militari pattugliano le città per garantire la conformità alla legge.

Da allora, altre province hanno istituito la propria versione di quarantena della comunità, mettendo effettivamente in blocco tutte le Filippine, una nazione di circa 104 milioni di persone.

L’epidemia sta mettendo sotto stress un sistema sanitario già carente e fatiscente. Le Filippine hanno circa 187.540 operatori sanitari, la metà dei quali infermieri. Il rapporto infermiere-paziente è minimo, 12,6 infermieri per 10.000 persone. Nelle aree rurali, il numero scende a 4,2.

Si comprende, quindi, che un’emergenza infezione qui difficilmente può essere affrontata con efficienza.

Le Filippine hanno riscontrato oltre 2.000 casi di positività e la morte di più di 100 persone. Una diffusione capillare del coronavirus potrebbe essere letale. Anche a causa del pugno di ferro del presidente Duterte.

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