Congedo parentale 2024, giorni, retribuzione e novità

Simone Micocci

08/01/2024

09/01/2024 - 09:55

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Congedo parentale pagato all’80%, 60% e 30%: ecco quando e cosa cambia dall’1 gennaio 2024.

Congedo parentale 2024, giorni, retribuzione e novità

Il congedo parentale 2024 è lo strumento che permette ai genitori di prendersi una pausa dal lavoro per dedicarsi ai bisogni emotivi e relazionali dei figli. Uno strumento con cui non solo si giustifica l’assenza dal lavoro ma si mantiene anche il diritto a una parte di retribuzione.

Sul congedo parentale si è intervenuto prima con la legge di Bilancio 2023 e poi con la manovra di quest’anno, rivedendo l’importo spettante, tanto al padre quanto alla madre, ma non la durata complessiva.

Rispetto agli anni scorsi, alle famiglie viene restituito un congedo parentale molto più conveniente. Per i primi due mesi, infatti, spetta un’indennità pari all’80% della retribuzione, che scende al 30% nel periodo successivo.

Nel 2024, quindi, il congedo parentale si rinnova mantenendo inalterato il numero di giorni a disposizione dei lavoratori ma innalzando il valore dell’indennità.

Vediamo dunque in quali casi il lavoratore ha diritto di astenersi dall’attività ricorrendo al congedo parentale riconosciuto alla nascita del figlio, o comunque già nel momento di ingresso in famiglia nel caso di adozione o affidamento, e quali sono i nuovi importi aggiornati.

Cos’è

Il congedo parentale è la misura prevista dalla legge affinché i lavoratori possano occuparsi dei bisogni affettivi e relazionali del bambino laddove tali esigenze siano impedite dallo svolgimento di un’attività lavorativa. Consiste, infatti, in un periodo di astensione facoltativa dal lavoro, retribuito entro certi limiti, che può essere richiesto fino ai 12 anni di età del figlio.

Dopo la conclusione del congedo di maternità - o di quello di paternità, quindi, il lavoratore ha a disposizione altri giorni di permesso da poter utilizzare per dedicarsi ai bisogni del figlio.

L’importante è che il lavoratore non si approfitti del congedo per svolgere altre mansioni; in presenza di un abuso del diritto, infatti, potrebbe andare incontro al licenziamento.

Quanti giorni spettano

Il congedo parentale spetta a entrambi i genitori per ogni bambino fino al compimento del 12 anni di vita. La somma dei giorni di permesso usufruiti dal padre e dalla madre, però, non può essere superiore a 10 mesi, che possono salire ad 11 qualora il padre usufruisca di almeno 3 mesi di permesso.

I giorni di permesso spettanti variano sia in base al tipo della propria occupazione che da quella dell’altro genitore. Ecco nel dettaglio quanto spetta per legge:

  • madre dipendente: 6 mesi;
  • padre dipendente: 6 mesi, elevabili a 7 se questo si astiene dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a 3 mesi. Il padre può usufruire dei giorni del congedo parentale anche nel periodo in cui la madre usufruisce del congedo di maternità;
  • genitore solo: 11 mesi, limite elevato dal decreto legge sulla conciliazione vita-lavoro in vigore dal 13 agosto 2022;
  • lavoratori iscritti alla gestione separata INPS: 3 mesi entro il 1° anno di vita del figlio;
  • lavoratrici autonome: 3 mesi entro il primo anno di vita del bambino.

Possono usufruire del congedo parentale anche i lavoratori dipendenti che adottano un bambino. I giorni di permesso spettano nella stessa misura prevista per i genitori naturali, quindi ne possono usufruire entro i primi 12 anni dall’ingresso del minore nella famiglia. Bisogna specificare però che il congedo parentale decade al compimento della maggiore età del figlio adottivo.

Quanto spetta

Dal 13 agosto 2022 per tali periodi spetta un’indennità pari al 30% della retribuzione indipendentemente dall’età del figlio. L’unica condizione da soddisfare è non aver superato il limite di giorni indennizzabili fissato dalla normativa, anche questo oggetto di recente modifica.

Nel dettaglio, il congedo parentale viene retribuito al 30% per i primi 3 mesi goduti da entrambi i genitori (per un totale di 6 mesi). Dopodiché il decreto legge sulla conciliazione tra vita e lavoro (D.lgs n. 105/2022) introduce altri 3 mesi indennizzati, i quali possono essere trasferiti tra i genitori e fruibili in alternativa tra loro.

Ricapitolando, sono 9 i mesi di congedo parentale indennizzabili, indipendentemente dall’età del figlio o della figlia, ma per un massimo di 6 mesi per un solo genitore.

Quando viene pagato all’80%

Il primo mese di congedo, esclusivamente quando fruito da genitori lavoratori dipendenti che rientrano al lavoro al termine del congedo di maternità (purché dal 1° gennaio 2023), viene retribuito all’80% anziché al 30%, come stabilito dalla legge di Bilancio 2023.

Il mese di congedo parentale retribuito all’80% deve essere goduto però entro i primi 6 anni di vita del figlio.

Quando viene pagato al 60%

La legge di Bilancio 2024 interviene aggiungendo anche un mese retribuito al 60%, sempre quando goduto entro i primi 6 anni di vita del figlio. Una novità che non pone cambiamenti alla durata né al limite di giorni indennizzabili: l’unico cambiamento sta nell’importo, visto che il secondo mese è pagato al 60% e non al 30% dello stipendio.

Novità che come chiarito dall’Inps con la circolare n. 4 del 2024 si applica solo in favore dei lavoratori che rientrano dal congedo di paternità o maternità successivamente al 1° gennaio 2024.

Ma attenzione: per quest’anno anche nel secondo mese di fruizione l’indennità sarà pari all’80%, per poi scendere al 60% solamente a decorrere dal 2025.

Congedo parentale anche a ore

Dal 2013 è consentita la fruizione oraria dei congedi parentali. Il che significa che, fino al compimento degli otto anni del bambino, invece di perdere un’intera giornata lavorativa, il genitore potrà richiedere di assentarsi per alcune ore per poi ritornare al proprio posto di lavoro.

La novità, introdotta per andare incontro alle famiglie, consente di utilizzare i congedi in modo più flessibile rispetto ai permessi lavorativi e inoltre permetterà anche di ammortizzare in modo più equilibrato la retribuzione ridotta che si percepisce durante i periodi di congedo parentale.

Per accedervi sarà necessario il solito preavviso a seconda delle disposizioni stabilite dai vari contratti collettivi nazionali.

Come fare domanda

È bene ricordare che la domanda per il congedo parentale va presentata prima dell’inizio del periodo di congedo richiesto. Questo perché vengono pagati solamente i giorni di congedo fruiti successivamente alla presentazione della domanda.

La domanda va presentata all’Inps ma è il datore di lavoro ad anticipare l’importo dell’indennità. Nel dettaglio, il metodo consigliato per l’invio della richiesta è di farlo online (solo se in possesso di Spid, CIE o CNS) tramite il servizio telematico disponibile sul sito Inps (clicca qui e poi seleziona “Invio della domanda” che si trova in fondo alla pagina).

In alternativa la domanda può essere presentata tramite call center al numero verde Inps 803 164 o a quello a pagamento 06 164 164 per chi chiama da rete mobile; ricordate che potete anche rivolgervi ad un patronato con gli intermediari dell’istituto che vi assisteranno nella procedura telematica.

Per quanto riguarda il congedo parentale ad ore, invece, si rimanda alla circolare Inps 152/2015.

Licenziamento per chi non rispetta le regole

Per la maggior parte del periodo di astensione dal lavoro il lavoratore è tenuto alla cura del figlio. Chi si approfitta del congedo parentale, infatti, può essere persino licenziato.

Lo sa bene un papà abruzzese per il quale la Corte di Cassazione - con la sentenza n°509 del 2018 - ha confermato il licenziamento predisposto dalla società automobilista dove era impiegato dopo aver rilevato che nei 10 giorni di congedo parentale non aveva svolto alcuna attività in favore del figlio per oltre la metà del tempo.

Secondo la Suprema Corte, infatti, il genitore non può utilizzare i giorni di permesso del congedo parentale per occuparsi di altre mansioni che siano differenti dalla cura del figlio.

È importante che la finalità del congedo venga rispettata dal momento che - sostiene la Corte di Cassazione - “ciò che conta non è tanto quel che il genitore fa nel tempo da dedicare al figlio quanto piuttosto quello che invece non fa nel tempo che avrebbe dovuto dedicare al minore”.

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