Boom dimissioni volontarie: dati rivelano che a pagare sono le neomamme

Teresa Maddonni

26/06/2020

13/07/2021 - 17:45

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Boom di dimissioni volontarie nel 2019 secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro e nel 73% dei casi si tratta di neomamme che pagano la difficoltà di conciliare figli e occupazione.

Boom dimissioni volontarie: dati rivelano che a pagare sono le neomamme

Boom di dimissioni volontarie: i dati dell’Ispettorato del Lavoro riferiti al 2019 rivelano che a pagare sono le neomamme.

Si tratterebbe in totale nello scorso anno di 51mila neogenitori che hanno presentato le dimissioni volontarie per la difficoltà di non riuscire a conciliare lavoro e cura della prole. In 3 casi su 4 si tratta di donne, neomamme appunto che troppo spesso pagano una scelta che proprio volontaria non è.

La rilevazione dell’Ispettorato del lavoro spiega anche i motivi che hanno portato le neomamme in particolare a lasciare il proprio impiego nel 2019.

Pronta la reazione dei sindacati e della ministra del Lavoro Nunzia Catalfo sulla questione e che promette interventi per le mamme lavoratrici.

Il rischio da non sottovalutare è che l’incremento delle dimissioni volontarie specie da neomamme e genitori in generale possa verificarsi nel 2020 con le problematiche causate dal COVID-19.

Boom dimissioni volontarie neomamme: i dati 2019

Boom di dimissioni volontarie delle neomamme nel 2019 stando ai dati dell’Ispettorato del Lavoro che rivelano come, su oltre 51mila queste rappresentino il 73% rispetto al 27% dei padri.

Nel dettaglio secondo i dati dell’Ispettorato sono state 51.558 le dimissioni volontarie di cui 37.611 di mamme lavoratrici e 13.947 dei papà. Una crisi che il COVID-19 potrebbe far diventare più drammatica nel 2020 con la difficoltà di conciliare figli e lavoro. Già rispetto all’anno precedente le dimissioni hanno fatto registrare un +4%. In particolare le cause alla base delle dimissioni volontarie sono:

  • i costi per l’assistenza del neonato;
  • la mancanza di parenti di supporto;
  • la difficoltà di essere accolti al nido;
  • la distanza dal luogo di lavoro;
  • modifica delle mansioni svolte;
  • cambiamento della sede di lavoro o dell’azienda;
  • l’orario di lavoro.

In quasi 21mila casi le dimissioni sono volontarie per la difficoltà di conciliare prole e lavoro (35%), il passaggio in altra azienda in 20 mila casi. Le dimissioni per giusta causa invece sono state 1.666 e consensuali 884.

Sindacati e Catalfo su dimissioni volontarie neomamme

I sindacati e la ministra Catalfo sono intervenuti sulla questione delle dimissioni volontarie che riguardano principalmente le neomamme. CGIL ha commentato in un comunicato:

“Il dato dell’Ispettorato del lavoro sul boom di dimissioni volontarie di neomamme è l’ennesima allarmante conferma della difficoltà di essere madri e lavoratrici e di quanto siano necessarie forme positive di flessibilità del lavoro. Chiediamo un incontro al Governo: l’occupazione femminile deve essere al centro dell’agenda per la ripartenza del Paese.”

E ancora il sindacato commenta la situazione della scuola e in particolare quella che riguarda i più piccoli:

“Emerge in modo evidente il cronico disinvestimento nella scuola per l’infanzia da zero a sei anni. Un servizio non sufficiente, con costi spesso troppo alti, e addirittura assente in alcune parti del Paese. La politica dei bonus non riduce questo divario: occorrono forti investimenti strutturali.”

Anche la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo ha commentato le dimissioni delle neomamme nella maggior parte volontarie:

“È mia intenzione avviare una seria azione di contrastato al part-time involontario, che penalizza principalmente le donne e, come stabilito dal programma di Governo, introdurre, nel più breve tempo possibile e coinvolgendo il Parlamento, una legge sulla parità di genere nelle retribuzioni. Per le madri-lavoratrici, i primi tre anni di vita di un bambino rappresentano il periodo in cui occorre un maggiore sostegno.”

E sul sostegno alle donne e alle famiglie ha concluso la ministra:

“Un primo passo avanti o abbiamo già fatto con il Family Act nel quale, fra le altre cose, oltre all’assegno unico e al potenziamento dei congedi parentali è prevista una quota di riserva della dotazione del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese per l’avvio delle nuove imprese start up femminili e l’accompagnamento per i primi due anni.”

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