Aumento di stipendio fino a 12 euro l’ora, lo chiede l’Europa: ma è obbligatorio?

Simone Micocci

6 Ottobre 2022 - 10:36

condividi

Il governo Meloni dovrà aumentare gli stipendi tenendo conto dell’ultima direttiva Ue sul salario minimo. Ecco quali sono gli obblighi per l’Italia.

Aumento di stipendio fino a 12 euro l’ora, lo chiede l’Europa: ma è obbligatorio?

Dall’Unione europea arriva il monito per tutti i Paesi che ne fanno parte, Italia compresa: lo stipendio orario dovrebbe essere di almeno 12 euro, come previsto in Germania.

L’appello arriva all’indomani del via libera definitivo da parte dell’Ecofin per la direttiva sul salario minimo in Unione Europea, provvedimento che entrerà in vigore il 20° giorno successivo alla pubblicazione della Gazzetta Ufficiale. Da allora gli Stati avranno tempo 2 anni per recepire i contenuti della direttiva che tuttavia, è bene sottolineare fin da subito, non obbliga gli Stati membri ad aumentare gli stipendi dei lavoratori, né tantomeno a introdurre un salario minimo - di cui l’Italia è sprovvista - di 12 euro.

La direttiva, infatti, si limita a rafforzare il ruolo della contrattazione collettiva portandolo all’80%: una novità che inciderà anche sul livello dei salari in Italia, e di seguito vi spiegheremo le ragioni, ma che appunto non costringe il prossimo governo, targato Meloni, a introdurre un salario minimo.

Cosa prevede la direttiva Ue sul salario minimo e perché è importante per l’Italia

Come detto, la direttiva si limita a stabilire che quei Paesi che già adottano un salario minimo legale - la maggior parte, con l’Italia e pochi altri esclusi - dovranno fissare la misura dello stesso tenendo conto di criteri chiari. Inoltre, laddove fino a oggi sussisteva l’obbligo di aggiornare l’importo del salario minimo ogni 4 anni, d’ora in avanti la cadenza degli adeguamenti, che dovranno tener conto del costo della vita, dovrà essere di 2 anni.

Una soglia minima, però non viene fissata, lasciando dunque ampia discrezionalità ai governi locali.

Per quanto riguarda la contrattazione collettiva, ossia lo strumento utilizzato in Italia per la definizione dei salari nei vari settori, viene stabilito che i Paesi devono impegnarsi affinché la percentuale dei lavoratori tutelati dalla stessa sia almeno pari all’80%.

Una norma che di fatto inciderà sulle prossime mosse del governo: d’altronde, lo stesso ministro del Lavoro uscente, Andrea Orlando, nei mesi scorsi ha sottolineato l’intenzione d’introdurre una nuova norma volta a limitare il dumping contrattuale, ossia quel fenomeno, molto diffuso in Italia, che vede alcune imprese sottoscrivere contratti collettivi con le organizzazioni sindacali minori, prevedendo minori tutele per i lavoratori interessati.

Tant’è che, secondo le recenti stime del Cnel, in Italia sono 985 i contratti vigenti in Italia, molti dei quali con condizioni più sfavorevoli, economicamente ma non solo, rispetto ai contratti collettivi.

Ecco perché il ministro Orlando aveva pensato a una norma che avrebbe obbligato tutti i contratti, anche quelli sottoscritti con le organizzazioni sindacali minori, a prevedere condizioni almeno pari a quelle stabilite dai contratti più rappresentativi di categoria.

Con la fine del governo Draghi questa soluzione verrà messa in archivio e adesso spetterà al governo Meloni decidere il da farsi; ovviamente non potrà essere sorda alle indicazioni dell’Unione Europea, e per questo motivo nei prossimi 2 anni servirà fornire risposte chiare a riguardo, sia che si tratti di potenziare il ruolo della contrattazione collettiva che d’introdurre un salario minimo.

Qual è il giusto salario minimo?

Come detto sopra, la direttiva Ue si limita a incentivare gli Stati membri a ricorrere al salario minimo e a potenziarlo laddove già previsto, o in alternativa di garantire una maggiore copertura della contrattazione collettiva.

Non viene indicata, quindi, una soglia minima di salario minimo. A spingersi oltre e a parlare di cifre è la federazione europea dei sindacati, Etuc, la quale ha chiesto agli Stati membri di agire per disporre di leggi e pratiche in tempo per il termine dei due anni per il recepimento. E nel farlo ha chiesto ai singoli Stati di prendere esempio dalla Germania e di aumentare i salari oltre la soglia a rischio di povertà. Dal 1° ottobre, infatti, il governo tedesco - dove c’era un salario medio al di sotto del 50% del salario medio - ha deciso di portare il salario minimo da 10,45 a 12 euro l’ora.

Secondo la Federazione, infatti, spetta ai governi intervenire immediatamente nei confronti dei lavoratori meno pagati in questo periodo di crisi del costo della vita.

Meno convinti i sindacati italiani, i quali invece continuano a puntare sulla contrattazione collettiva, nella quale ricoprono un ruolo di primo piano, aprendo al salario minimo solamente per quei lavoratori che ne sono scoperti.

Iscriviti a Money.it