Attenzione alle microplastiche negli alimenti: ecco quali sono i cibi più a rischio

Giorgia Bonamoneta

14 Maggio 2022 - 23:16

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Le microplastiche sono ovunque, anche nel cibo. Bisogna iniziare a porre più attenzione a ciò che mangiamo. Ecco quali sono i cibi più a rischio.

Attenzione alle microplastiche negli alimenti: ecco quali sono i cibi più a rischio

Da quando le prime notizie sulla presenza di microplastiche nel cibo sono iniziate a circolare, le ricerche in tal senso sono aumentate a dismisura. La scienza sta cercando di rispondere al come e al perché le microplastiche entrano negli alimenti, quali sono quelli più a rischio e soprattutto quali possono essere nel lungo periodo gli effetti sulla salute umana.

Bisogna fare piuttosto attenzione alle microplastiche e, allo stesso tempo, non rimanere incastrati nell’eco-ansia che simili verità possono causare. È vero, il cibo che mangiamo è molto contaminato e non solo da microplastiche, ma anche solo un buon lavaggio e un’attenta pulizia può diminuire il rischio di assunzione di troppe microplastiche. Evitarle del tutto è comunque impossibile.

Ci sono degli alimenti più a rischio, come per esempio il pesce, il sale, il miele e tutto ciò che entra in contatto con materiale plastico durante il trasporto. Persino trucco e dentifricio contengono plastiche e per questo bisogna fare particolare attenzione all’etichetta e a quello che mettiamo nel piatto.

Microplastiche nel cibo: quante microplastiche mangiamo

Il Fatto Quotidiano, con l’aiuto di Greenpeace, ha chiesto a scienziati ed esperti di parlare dei pericoli delle microplastiche. Nella loro ricerca sono emersi i cibi più a rischio di contenimento di micro e nano plastiche, le più pericolose perché entrano nei tessuti e nel sangue umano.

I cibi più a rischio e nei quali sono stati trovati un numero importante di microplastiche sono:

  • pesci
  • sale
  • miele
  • latte
  • soft drink

Carne, legumi, frutta e verdura non sono esclusi, ma non ci sono ancora tanti studi quanto sul pesce. La presenza di plastiche nel mare è piuttosto noto, ma l’effetto che questo ha sul pesce che finisce nel nostro piatto lo è meno. “Per il 59% si tratta di pesci ossei come sardine, triglie, orate, merluzzi, acciughe, tonni, scampi, gamberi rossi, per il restante 41% di altri animali marini come mammiferi, meduse, tartarughe, uccelli, ma anche di specie che finiscono sulle tavole di tutto il mondo, come crostacei e molluschi”, si legge nel resoconto de Il Fatto Quotidiano.

Il Wwf scrive che:

In base al consumo di pesce e alle quantità di plastica ritrovate nelle specie si stima che l’assunzione annuale di microplastiche da parte dell’essere umano attraverso il consumo di animali marini è di circa 53mila microplastiche (fino a 27mila microplastiche dai molluschi, fino a 17mila dai crostacei e fino a 8mila dai pesci).

Latte, drink, pesci e miele: ecco dove si annidano le microplastiche

Se ci fosse modo di analizzare ogni cibo che ingeriamo, la possibilità di trovare una quantità anche minima di microplastiche sarebbe superiore al 50%. Stefania Gorbi, docente presso il Dipartimento di Scienze della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università Politecnica delle Marche, sostiene che il 99% delle indagini a disposizione sui pesci ha come risultato la presenza di nanoplastiche, molto pericolose perché facilitate ad attraversare i tessuti.

Il pesce è il più studiato, ma anche carne, legumi e soft drink di varia natura non sono da meno. In questo ultimo caso dipende non sono dalla fabbricazione, ma anche dalla distribuzione e dal contenitore. Il Fatto Quotidiano riporta un dato del 2018, quando venne condotta un’inchiesta sulle bottiglie di plastica: Seven Up, Pepsi, San Benedetto, Schweppes, Beltè, Coca-Cola, Fanta, Sprite e scoprendo che erano tutte contaminate, con valori che andavano da un minimo di 0,89 mpp/l (microparticelle per litro) ad un massimo di 18,89 mpp/l.

Forse l’aspetto più controverso di queste ultime ricerche, quello che mette più angoscia e ansia, è la presenza di microplastiche nell’utero. Questa entra attraverso tre vie: mangiando, respirando o utilizzando prodotti per la cura del cibo.

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