Aspettativa retribuita: in quali casi, quanto spetta e limiti

Simone Micocci

19 Agosto 2022 - 15:42

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Quando l’aspettativa richiesta dal lavoratore dipendente viene retribuita? E per quanti giorni? Dipende dalla motivazione per cui si richiede; facciamo chiarezza.

Aspettativa retribuita: in quali casi, quanto spetta e limiti

Con il termine aspettativa si intende un periodo, solitamente di lunga durata, in cui il dipendente può sospendere la propria attività, mantenendo però il diritto alla conservazione del posto di lavoro. Generalmente, però, il dipendente rinuncia alla retribuzione, visto che l’aspettativa non viene retribuita.

Ci sono tuttavia delle situazioni in cui, oltre a conservare il posto di lavoro, si continua a percepire uno stipendio per tutta la durata dell’aspettativa: si tratta, come vedremo in questa guida dedicata, di situazioni limite, riservate a poche persone che si trovano in condizioni particolari.

A tal proposito, in questo spazio faremo chiarezza su quali sono le condizioni per avere diritto al periodo di aspettativa retribuita, nonché su qual è la durata a seconda dei casi. È bene sottolineare, però, che quelli indicati di seguito sono solamente i casi riconosciuti dalla normativa nazionale; potrebbe succedere, infatti, che il contratto collettivo di riferimento riconosca ulteriori circostanze in cui si può godere di un’aspettativa retribuita.

Cominciamo, probabilmente, dalla casistica più conosciuta: l’aspettativa, o meglio il congedo straordinario, introdotta dalla legge n. 104 del 1992 per l’assistenza di familiari disabili.

Aspettativa retribuita legge 104/1992

La legge n. 104/1992 prevede una serie di misure volte alla tutela delle persone disabili e dei loro familiari. Tra queste c’è anche il congedo straordinario della durata di 2 anni, un termine talmente lungo che lo rende simile all’aspettativa.

A tale misura possono ricorrere i dipendenti familiari di una persona con grave disabilità, i quali possono assentarsi per un periodo di massimo 2 anni, anche non continuativi, mantenendo il diritto alla retribuzione e alla conservazione del posto di lavoro.

È importante sottolineare che i 2 anni valgono indipendentemente da quante persone si assistono: se ad esempio Tizio si occupa tanto della madre quanto del padre affetti da grave disabilità, questo potrà assentarsi dal lavoro comunque per un massimo di 2 anni (anziché quattro).

Inoltre, i 2 anni valgono anche come limite complessivo per tutti coloro che assistono lo stesso disabile. Se ad esempio il fratello di Tizio, Caio, ha già usufruito di 1 anno di aspettativa per assistere la madre, questo potrà disporre solamente dei restanti 12 mesi. Come visto sopra, però, Tizio si occupa anche dell’assistenza del padre, per il quale quindi avrebbe a disposizione altri 12 mesi così da arrivare ai 2 anni riconosciuti dalla normativa.

Aspettativa retribuita per donne vittime di violenza

Subire una violenza potrebbe richiedere molto tempo per il recupero della salute psico fisica. Per questo motivo il legislatore ha riconosciuto un importante strumento per la tutela delle donne vittime di violenza di genere.

Nel dettaglio, vi è la possibilità di richiedere un’aspettativa della durata massima di 3 mesi; anche in questo caso l’assenza è retribuita, con l’Inps che se ne fa carico - così come della contribuzione ai fini previdenziali - e con l’azienda che ha tuttavia l’obbligo di anticiparla in busta paga.

Condizione essenziale per godere di tale possibilità è quella per cui la lavoratrice vittima di violenza prenda parte a degli appositi percorsi certificati finalizzati al recupero della salute psico-fisica, i quali possono essere promossi dai servizi sociali del comune di appartenenza, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio.

Aspettativa retribuita per mutilati e invalidi civili

Di durata limitata rispetto ai suddetti strumenti è l’aspettativa retribuita a cui possono ricorrere i lavoratori invalidi civili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50%, nonché i mutilati. Per questi la normativa riconosce un’aspettativa retribuita, che si aggiunge ai permessi a disposizione del dipendente, di durata massima di 30 giorni l’anno.

Tuttavia, per usufruire di tale congedo, la cui retribuzione è a carico del datore di lavoro, è necessario che l’assenza sia motivata dalla necessità di curarsi, con le cure o i percorsi terapici che devono essere connessi alla condizione d’infermità.

Aspettativa retribuita per formazione continua

Altra casistica che dà diritto all’aspettativa retribuita riguarda i dipendenti che vengono chiamati dall’azienda a prendere parte a dei percorsi di formazione.

In questi casi si sospende l’attività lavorativa ma il dipendente ha comunque diritto alla retribuzione. A tal proposito, è il contratto collettivo di riferimento a disciplinare le modalità di fruizione di tale strumento, stabilendone la durata nonché la misura della retribuzione che spetta in tali giornate.

Aspettativa retribuita per richiamo alle armi

Dovete sapere che in circostanze straordinarie - che speriamo non si verifichino mai - i lavoratori dipendenti possono essere richiamati al servizio militare, ad esempio per prendere parte a dei corsi di addestramento e di aggiornamento.

In tale periodo si ha diritto a un’aspettativa della durata massima di 2 mesi, per la quale spetta il 100% della retribuzione di cui si farà carico l’azienda. Qualora il richiamo alle armi dovesse protrarsi per più tempo, allora il dipendente avrà diritto a un’indennità Inps pari alla differenza tra il trattamento economico militare e la retribuzione percepita per l’attività da lavoro dipendente, ovviamente solo nel caso in cui la prima risulti inferiore alla seconda.

Si tratta comunque di uno strumento raramente utilizzato, in quanto difficilmente si ricorre al richiamo alle armi.

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