Addio alla birra? Ecco perché l’industria alimentare è a rischio

Claudia Mustillo

22 Settembre 2022 - 15:09

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Dopo l’acqua frizzante si ferma la produzione della birra: ecco cosa sta succedendo all’industria delle bevande.

Addio alla birra? Ecco perché l’industria alimentare è a rischio

Dopo l’acqua frizzante, si ferma la produzione della birra. In Italia la produzione sta rallentando a causa della mancanza delle bollicine realizzate grazie all’anidride carbonica. «La carenza di CO2 è un problema anche da noi. Oggi siamo fermi nello stabilimento di Biella, ma domani contiamo di potere ripartire» si legge in un’intervista di La Repubblica agli uffici di Menabrea.

Solamente a luglio il più grosso produttore europeo di acque oligominerali, circa un miliardo e mezzo di bottiglie all’anno, ha fermato le linee di produzione dei prodotti gassati per mancanza di anidride carbonica. Il problema è che le aziende che producono la Co2 preferiscono destinarla al comparto della sanità e l’acqua gassata rischia di finire presto.

«La Co2 è introvabile e anche tutti i nostri competitori sono nella stessa situazione. Siamo disperati, è un altro problema gravissimo che si aggiunge ai rincari record delle materie prime e alla siccità che sta impoverendo le fonti», aveva spiegato Alberto Bertone, presidente e amministratore delegato di Acqua Sant’Anna, l’azienda di Vinadio (Cuneo).

Perché la produzione della birra è ferma

Le ripercussioni della crisi energetica si stanno avvertendo nel comparto delle bevande. Pochi giorni fa anche San Pellegrino ha comunicato che a causa dei cali nella fornitura di Co2 è stato necessario un fermo produttivo di due giorni. Ora anche la produzione della birra, quella industriale, ha difficoltà.

Sicuramente il problema affonda le radici in diversi fattori concomitanti tra cui la crisi del gas oltre ai problemi creati dalla pandemia sulle catene di valore. Le aziende che producono anidride carbonica hanno ridotto l’attività e le forniture a causa dei rincari sui prezzi dell’energia e delle materie prime.

Lo spiega in un’intervista a La Repubblica Pietro Di Pilato, consigliere di Unionbirrai e proprietario del birrificio Brewfist di Codogno (Lodi): «Il problema nel settore c’è eccome, anche da noi. Ne risentono meno i birrifici più piccoli perché tendono a non utilizzare anidride carbonica nelle fasi di confezionamento, ma quelli di dimensioni medie e grandi pagano le conseguenze della mancanza di materia prima. Non c’è abbastanza anidride carbonica per tutti. Manca soprattutto nella versione liquida: il mio birrificio, per esempio, ne è senza da giugno. Stiamo andando avanti con i pacchi bombole, che però costano circa tre volte tanto e vengono forniti in maniera più discontinua».

Più in generale la carenza di anidride carbonica sta mettendo alla prova l’intera industria alimentare. La materia prima viene utilizzata per creare o aumentare le bollicine delle bevande, ma anche per abbattere le temperature del cibo prima di congelarlo. Anche la produzione dolciaria ha bisogno del gas addizionato per preparare gli alimenti tanto amati dai consumatori.

Allarme nell’industria delle bevande: rischio fallimento

Dalla Germania, intanto, arriva l’allarme per l’industria delle bevande. Molti produttori hanno segnalato la possibilità di fallimenti nella filiera. «Sempre più società che operano nell’industria e che dipendono dalla disponibilità di anidride carbonica - ha raccontato nei giorni scorsi al Financial Times Holger Eichele, numero uno dell’associazione tedesca dei birrifici - si stanno fermando o stanno riducendo la loro produzione, con conseguenze spesso drammatiche». Sempre nei giorni scorsi, Bloomberg ha riferito che il produttore belga della birra Delirium Tremens sta seriamente pensando di arrestare le macchine per la prima volta in oltre cento anni di attività.

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