Petrolio: le big oil al tramonto? Un’analisi sul settore energy

Violetta Silvestri

10 Gennaio 2022 - 15:39

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La transizione energetica trasformerà le big oil? Un’analisi sulle società europee evidenzia il cambiamento: il 2022 segnerà il passaggio da big a small per i colossi energy? Cosa aspettarsi.

Petrolio: le big oil al tramonto? Un’analisi sul settore energy

Rivoluzione in corso per i colossi energy?

La crescente pressione da parte di investitori, attivisti e Governi per affrontare il cambiamento climatico sta spingendo i giganti petroliferi europei a chiudere i rubinetti della spesa per nuovi giacimenti, anche se le prospettive di prezzi e domanda rimangono solide per l’oro nero.

Le grandi compagnie del vecchio continente stanno pianificando di spendere i guadagni inaspettati grazie ai prezzi elevati dell’energia per diventare small oil. Un’analisi di Reuters.

Da big a small: come cambiano i colossi del petrolio

L’aumento dei prezzi del petrolio e del gas nel 2021 ha portato miliardi di dollari di profitti alle principali compagnie energetiche, in netto contrasto con l’anno precedente, quando i prezzi dell’oro nero sono crollati con i lockdown diffusi nel mondo.

In un contesto normale, le aziende si sarebbero affrettate a investire i guadagni ottenuti in progetti a lungo termine, per aumentare la produzione e le riserve di petrolio e gas dopo i profondi tagli dell’anno precedente.

Tuttavia, a differenza di qualsiasi altro momento nella loro storia, BP, Royal Dutch Shell, TotalEnergies, Equinor e l’italiana ENI si stanno concentrando sulla restituzione di quanto più denaro possibile agli azionisti, mentre iniziano un passaggio rischioso verso energie a basse emissioni di carbonio e rinnovabili.

La duplice strategia di ridurre la produzione di petrolio e aumentare i rendimenti per gli azionisti è stata sottolineata per esempio da Shell, che ha venduto la sua attività di scisto nel bacino del Pemiano USA per $ 9,5 miliardi a settembre, promettendo di restituire $ 7 miliardi agli investitori.

Nel 2022, le aziende europee dovrebbero restituire agli azionisti un record di 54 miliardi di dollari in dividendi e riacquisti di asset, secondo l’analisi di Bernstein.

Di contro, Exxon Mobil e Chevron, le principali compagnie petrolifere e del gas statunitensi, hanno in programma di continuare a investire denaro in nuovi progetti petroliferi, incoraggiati della Casa Bianca che chiede una maggiore produzione di greggio per far fronte ai prezzi elevati dell’energia e all’inflazione.

I giganti energy verso la transizione: quale strategia?

Il settore energetico è nel pieno di una rivoluzione, almeno in Europa.

Con la diminuzione degli investimenti in nuovi progetti petroliferi, la produzione di combustibile delle prime cinque compagnie energetiche europee è destinata a scendere di oltre il 15% a meno di 6 milioni di barili al giorno (bpd) entro il 2030. Il picco sarà di circa 7 milioni di barili al giorno nel 2025, stando ai dati di Bernstein Research.

La britannica BP ha affermato che ridurrà la sua produzione di petrolio del 40%, o circa 1 milione di barili al giorno, entro il 2030 dai livelli del 2019.

Shell ha dichiarato che la sua estrazione di greggio ha raggiunto il picco nel 2019, mentre ENI ha sottolineato che la sua produzione si stabilizzerà nel 2025.

Con la transizione energetica in pieno svolgimento, gli investitori hanno accolto con favore la rinnovata attenzione ai loro rendimenti.

Focalizzandosi sull’estrazione di petrolio e gas per oltre un secolo, dalle trivellazioni in Medio Oriente alla produzione pionieristica in acque profonde, le major petrolifere hanno una storia di investimenti di miliardi di dollari in progetti enormi e complessi, che hanno superato il budget e i tempi previsti, portando a un decennio di scarsi rendimenti dopo il 2010.

Certo, in parte la produzione di petrolio sarà ancora cruciale durante la transizione e quella di gas naturale aumenterà, poiché Paesi come l’India e la Cina cercheranno di sostituire con il gas il combustibile fossile più inquinante: il carbone.

Allo stesso tempo, i giganti oil europei stanno dirottando la spesa verso le energie rinnovabili come l’energia eolica e solare, promettendo che i rendimenti delle loro attività a basse emissioni di carbonio eguaglieranno o addirittura cresceranno al di là di quelli del petrolio e del gas nel lungo periodo.

Se davvero sarà così è presto per dirlo. Il forte calo già visto negli ultimi anni negli investimenti in nuovi sviluppi petroliferi da parte delle società europee ha contribuito a spingere i prezzi del petrolio a lungo termine al rialzo in previsione di un’offerta inferiore alla domanda.

Mentre gli USA non sembrano avere intenzione di trasformare in small le loro big oil, fiutando ancora alti rendimenti, in Europa il vento sta cambiando.

BP Capital Fund ha sottolineato: “È difficile dire chi abbia ragione nel ritmo della transizione. Il tempo dirà se l’Europa è andata troppo veloce.”

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