Il punto di vista della GenZ sulla politica

Il punto di vista della GenZ sulla politica

di Paolo Di Falco

Palestinesi e Israeliani vittime di una guerra politica fatta di morte e distruzione sulla loro pelle

Paolo Di Falco

17 maggio 2021

Palestinesi e Israeliani vittime di una guerra politica fatta di morte e distruzione sulla loro pelle

La guerra tra Israele e la Palestina continua ad infuriare ma, tralasciando le radici storiche del conflitto, un po’ tutti hanno preferito tifare per gli uni o per gli altri senza accorgersi di ciò che è sotto gli occhi di tutti: la morte, il dolore e la distruzione.

Da diversi giorni continua ad infuriare il conflitto tra Israele e la Palestina, un conflitto molto complesso che ha diverse radici storiche e che è venuto nuovamente alla luce dopo la protesta per gli sfratti di decine di famiglie palestinesi dalle proprie case che vennero donate loro dal governo della Giordania nel 1956, con l’appoggio dell’ONU, quando Gerusalemme Est era controllata dalla monarchia giordana. Il tutto sarebbe dovuto avvenire durante il Ramadan e nel giorno in cui gli israeliani festeggiano il Jerusalem day, ossia la festività che celebra la conquista della città nel 1967.

Gli scontri hanno avuto luogo in tutta la zona orientale di Gerusalemme arrivando a toccare anche la moschea di al-Aqsa, uno dei simboli della cultura musulmana, all’interno della quale è entrata anche la polizia lanciando diversi lacrimogeni e bombe ferendo centinaia di persone. Durante questi giorni tanti sono stati i commenti ma anche i personaggi pubblici e politici che si sono schierati a favore della Palestina o di Israele spesso ignorando le cause storiche del conflitto, spesso senza alcuna competenza in maniera ma per prendere semplicemente posizione.

La sofferenza e l’umanità come unico parametro

In un’epoca in cui da un giorno all’altro tutti attraverso i social diventano esperti di qualsiasi argomento sia in tendenza, ammetto di non avere le conoscenze storiche necessarie per “schierarmi” con Israele o con la Palestina, per tifare per gli uni o per gli altri e, sinceramente, credo che non abbia nessuna importanza. Ai vari commentatori seriali sarà infatti sfuggita la distruzione e il dolore che, in ambo le parti, si trova sotto gli occhi di tutti: in una settimana di continui attacchi israeliani a Gaza 192 palestinesi sono rimasti uccisi. Di essi - precisa il Ministero della Sanità di Hamas - 58 erano bambini e 34 donne.

I feriti sono al momento 1235 ma il ministero aggiunge che sotto le macerie degli edifici bombardati da Israele vi sono ancora morti e feriti. A Israele, secondo i dati non aggiornati degli scorsi giorni, i morti sarebbero oltre una decina. Bisogna notare però come non vi dovrebbe essere differenza tra i morti palestinesi e quelli israeliani in quanto si tratta sempre di morti, persone che hanno perso la vita e, per quanto riguarda la Palestina, nella maggior parte dei casi, di civili che si trovavano tranquillamente nelle proprie case bombardate, civili e non militari che si trovavano per strada, civili le cui morti sono spesso state giustificate con l’etichetta di “terroristi”.

In pochi lo hanno sottolineato ma dai vari video, dalle varie immagini in rete si vede chiaramente la sofferenza di persone, di ambo gli schieramenti, che piangono i loro figli morti sotto le macerie, che da un giorno all’altro si sono ritrovate senza un tetto sotto cui vivere, che improvvisamente hanno dovuto risentire, giorno e notte, il suono incessante delle sirene con l’unico pensiero fisso di fuggire, andare a mettersi al sicuro prima del prossimo bombardamento, prima dell’ennesima esplosione.

Silenziare il giornalismo per silenziare la distruzione

In questo clima continuano i proclami, continuano i bombardamenti che non lasciano indenne neanche l’informazione: è il caso dell’abbattimento della torre al-Jala, che a Gaza ospitava diverse testate giornalistiche tra cui Associated Press e al-Jazeera motivato dal fatto che al suo interno vi erano “risorse dell’intelligence militare di Hamas". Da un momento all’altro tanti i giornalisti, coloro che cercano di raccontare la distruzione, gli orrori di questo conflitto, che si sono trovati con i minuti contati per evacuare l’edificio senza neanche poter prelevare le loro attrezzature.

Giornalisti che, durante questi giorni, anche tra le rovine di Gaza hanno cercato di raccontare l’orrore che si parava dinnanzi ai loro occhi come i tanti bambini che non ce l’hanno fatta, vittime di cui nessuno parla che sono state costrette a rinunciare al loro futuro perché uccisi durante uno dei tanti bombardamenti, perché morti sotto il peso del calcestruzzo delle palazzine civili abbattute, perché uccisi dalla crudeltà di quell’uomo che, come direbbe Salvatore Quasimodo, è rimasto “quello della pietra e della fionda”.

Così, mentre noi ci dilunghiamo in prese di posizioni superflue che lasciano il tempo che trovano, mentre l’influencer di turno dà la propria interpretazione in pasto ai suoi followers, la verità è che da entrambe le parti si continua a morire, da entrambe le parti non si guarda più al futuro ma solamente al passato e “le nuvole di sangue” continuano ad affollare questo nostro cielo accanto ai missili che, ora dopo ora, si innalzano per portare solamente morte e distruzione.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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