Mercati obbligazionari: verso una crisi sistemica?

Alessandro Venuti

08/10/2018

08/10/2018 - 16:55

condividi

Tra la crisi della valuta turca e argentina e l’estrema volatilità dei Titoli di Stato italiani, l’ultimo periodo è stato piuttosto movimentato per i mercati. Tuttavia, finora non si sono visti segnali di un contagio che possa portare a un ciclo di avversione al rischio più diffusa

Mercati obbligazionari: verso una crisi sistemica?

L’ultimo periodo sui mercati finanziari è stato piuttosto movimentato tra crisi turca e argentina. Inoltre, la manovra Italia ha impattato negativamente sullo spread e di conseguenza sui corsi dei Titoli di Stato e sugli istituti di credito. Per il momento, tuttavia, non vi sono segnali di un contagio che possa portare ad un ciclo di avversione al rischio più diffusa, afferma Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario globale di T. Rowe Price.

Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario globale di T. Rowe Price.

Alcuni paesi hanno subito aggressive pressioni sul lato delle vendite, ma i movimenti hanno interessato aree o ambiti molto specifici, per questo motivo si può pensare più ad un effetto “domino” che ad una crisi sistemica. Alcuni Paesi infatti ne sono usciti relativamente incolumi, continua il gestore.

Ciò è stato particolarmente evidente nei mercati emergenti: alcuni Paesi, come la Romania, sono rimasti piuttosto stabili, mentre altri hanno subito un rapido deterioramento, a partire dall’Argentina, per proseguire con la Turchia, il Brasile, l’Indonesia e, più di recente, la Russia e il Sudafrica.

Gli investitori sono stati costantemente alla ricerca dei grandi “casi” di svendita e ogni mercato emergente che abbia mostrato segnali di debolezza ha subito un crollo della valuta e una forte pressione sui Titoli di Stato domestici.

Spesso a finire nel mirino sono stati i Paesi con una politica instabile o con un tale disavanzo delle partite correnti da preoccupare gli investitori per le difficoltà di finanziamento, specialmente in un contesto in cui la Fed ha in previsione l’aumento dei tassi di interesse.

Anche se i rischi associati ai dazi e ai prossimi avvenimenti politici, come le elezioni in Brasile e le mid-term statunitensi, potrebbero incrementare la volatilità, alcuni paesi emergenti potrebbero offrire opportunità interessanti poichè penalizzati con valutazioni che hanno subito aggiustamenti eccessivi rispetto ai rischi associati, tra questi Messico e Colombia.

Il Messico rappresenta un ottimo esempio da questo punto di vista, spiega Fitzsimmons. L’inflazione dovrebbe rallentare, ed è possibile che la banca centrale si muova verso un ciclo di taglio dei tassi il prossimo anno. Il fatto che le valutazioni siano allettanti è reso ancora più evidente dallo spread ai massimi storici tra gli Mbonos (Titoli di Stato messicani in valuta locale) e i Treasury.

La Colombia è un altro paese con fondamentali interessanti, che presenta un’inflazione stabile in un momento in cui l’economia è in ripresa. Ci si aspetta che la banca centrale alzi i tassi il prossimo anno, ma riteniamo che il mercato stia prezzando troppi rialzi. Questo contribuisce alla nostra percezione che il mercato dei Titoli di Stato colombiani sia abbastanza attraente.

Per quanto riguarda i mercati sviluppati si è riscontrata una volatilità decisamente inferiore rispetto i mercati emergenti, ma non tutti i Paesi sono stati immuni.

A tal proposito la corona svedese ha sottoperformato rispetto alle valute delle altre economie sviluppate quest’anno, riflettendo la preoccupazione dei mercati riguardo alle condizioni del mercato immobiliare e alla sua possibile vulnerabilità a fronte del rallentamento della crescita globale unito al continuo rinvio dei tassi di interesse da parte della banca centrale.

Tuttavia, passate le elezioni di settembre, un rischio chiave è venuto meno. Secondo Fitzsimmons si potrebbe trattare di una buona opportunità per reinvestire in una valuta la cui volatilità è stata forse eccessiva rispetto ai fondamentali.

In Italia si è assistito ad un aumento estremo della volatilità, dove i timori legati alla politica hanno innescato deflussi significativi da parte degli investitori internazionali.

Per quanto riguarda i mercati obbligazionari corporate, dove i tassi di default restano ai minimi storici, gli investitori sono stati molto più selettivi e rapidi nel punire le società di fronte a qualsiasi notizia negativa.

Inoltre, se gli Stati Uniti imponessero ulteriori dazi sui beni provenienti dall’Europa il settore europeo dell’automotive potrebbe essere, data la sua vulnerabilità, un’ottimo candidato per posizioni corte selezionate su Cds.

"Con il proseguire dell’inasprimento monetario negli USA in un momento in cui le altre principali banche centrali stanno riducendo i propri programmi di stimolo, la possibilità che l’‘effetto domino’ si trasformi in una condizione più sistematica di scarsa propensione per il rischio resta una preoccupazione fondamentale." conclude Quentin Fitzsimmons, gestore obbligazionario globale di T. Rowe Price

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO