Il MES arriverà in Italia? Scenari e conseguenze

Flavia Provenzani

16 Aprile 2020 - 19:12

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Il MES arriverà davvero in Italia? L’UE sembra sempre più impegnata a spingere il nostro Paese verso il fondo salva-Stati. Ecco i possibili scenari e le conseguenze.

Il MES arriverà in Italia? Scenari e conseguenze

È tempo di fare chiarezza: MES o non MES? Il Meccanismo Europeo di Stabilità giungerà in Italia? Al momento almeno una cosa è certa: il nostro Paese, in un modo o nell’altro, dovrà indebitarsi (molto) per far fronte alla crisi scatenata dal coronavirus. L’Italia è Stato membro dell’UE e uno dei componenti dell’Eurozona (gruppo di 19 Paesi che hanno adottato la moneta unica). I soldi, in via teorica, quasi scontata, dovrebbero proprio arrivare dalle istituzioni europee e uno degli strumenti utili a tale scopo è proprio il MES.

Sulla bocca di tutti, il Meccanismo Europeo di Stabilità è stato capace di dividere l’UE e l’Italia in due fazioni ben distinte: chi spinge per l’attivazione del MES (i Paesi del Nord Europa come Germania, Austria e Olanda sul fronte europeo, Silvio Berlusconi, Romano Prodi, Italia Viva e una parte del Pd sul fronte italiano) e chi aborra lo strumento (Governo Conte in primis, M5S, Lega e Fratelli d’Italia).

Il MES offre un accesso volontario, ovvero uno Stato membro, esclusivamente su base volontaria, può decidere o meno di richiedere un prestito dal fondo salva-Stati. Questo è certamente vero anche per la versione di MES light che si è ipotizzata in via informale in occasione dell’ultimo Eurogruppo (l’Italia ne ricaverebbe 36 miliardi di euro, poiché l’importo massimo del prestito può arrivare fino al 2% del nostro PIL), ma l’Italia come altri, purtroppo, potrebbe non avere altra opzione da parte dell’UE ed essere costretta di fatto a farvi ricorso. Ed ecco qui che quel su “base volontaria” potrebbe perdere del tutto il suo significato, soprattutto il muro agli eurobond da parte di Germania &Co. che sembra invarcabile.

Su questo fronte non ci resta che aspettare la rosa di opzioni sul tavolo che potrebbe/dovrebbe venir fuori dal Consiglio europeo del prossimo 23 aprile.

Il MES arriverà in Italia?

O meglio, alla fine il Governo italiano si piegherà e richiederà un prestito dal MES? Senza una palla di vetro è difficile fornire una risposta certa, ma quel che possiamo fare è analizzare il presente e il recente passato alla ricerca di indicazioni su come potrebbero andare effettivamente le cose.

Problema: l’Italia ho un disperato bisogno di liquidità. Banalmente, ci servono soldi, e tanti, per sostenere il sistema sanitario nazionale, per finanziare la cassa integrazione e le misure a sostegno di lavoratori, famiglie e imprese in difficoltà, sostenere il sistema pensionistico, il buco nero della Pubblica Amministrazione e così via.

In ultimo è arrivato anche l’allarme dal FMI, se mai la situazione non fosse già chiara: il rapporto debito/PIL italiano salirà al 155% entro fine 2020, il PIL scenderà in picchiata.

Soluzione: una BCE in versione rinnovata, pronta a stampare moneta senza limiti come di solito fanno le banche centrali in caso di crisi e comprare debito italiano e di altri Paesi dell’Eurozona a tassi bassissimi per sostenere la spesa pubblica necessaria per far fronte all’emergenza COVID-19 fin quando (e quanto) basterà. Scenario, tuttavia, utopico.
Senza una BCE pronta a tutto, con gli eurobond fuori discussione e non offrendo altra possibilità, parte dei miliardi necessari Conte e il suo Governo potrebbero trovarli proprio nel MES.

Scenari e conseguenze del MES

Ribadiamo, per non essere colpevoli di falsa informazione: dovrà essere il Governo italiano a richiedere il MES, non è attivabile in via automatica e l’UE non può costringere formalmente l’Italia a ricorrere al fondo salva-Stati. Di conseguenza, l’arrivo del MES in Italia non è affatto scontato. Mi permetto però di dire che sì, è una concreta possibilità, soprattutto se dall’Europa non arriveranno alternative rapide, fattibili e potenti, utili per il nostro Paese (e non solo) nel tentativo di risollevarsi a livello finanziario, economico ma anche sociale.

Nel tentativo di delineare possibili scenari e conseguenze del MES in Italia, è poi opportuno fare una specifica: nella bozza di proposta del MES light si parla di una condizionalità, quella di destinare i soldi provenienti dai prestiti erogati dal Meccanismo solo ed esclusivamente alla spesa sanitaria. Nulla si dice delle possibili condizionalità correlate al rimborso del debito da parte dei Paesi che ne faranno richiesta.

Se non fosse già chiaro, il MES non è un ente benefico, i soldi li rivuole indietro, e con gli interessi - anche se relativamente bassi.
Come si può anche solo pensare che il MES e l’Europa non interverranno nella politica fiscale italiana, nello scenario in cui avessimo optato per ricorrere al fondo salva-Stati? L’infiltrazione europea negli affari dei Paesi che fanno ricorso al MES è intrinseca nel MES stesso, e nessuno può negarlo, è scritto nei regolamenti - come vediamo più avanti.
A meno che dal prossimo Consiglio europeo venga fuori, nero su bianco, la promessa che il MES non porterà con sé un piano di austerity e riforme lacrime e sangue, non possiamo credere che questo non arriverà. Ed oggi non possiamo credere che questa promessa possa effettivamente giungere dall’Europa.

Non perché lo dica io, ma perché lo dice la stessa UE nel Regolamento (UE) N. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013
sul rafforzamento della sorveglianza economica e di bilancio degli Stati membri nella zona euro che si trovano o rischiano di trovarsi in gravi difficoltà per quanto riguarda la loro stabilità finanziaria”.

L’articolo 7 del suddetto documento recita:

Programma di aggiustamento macroeconomico
1. Qualora uno Stato membro richieda assistenza finanziaria da uno o più altri Stati membri o paesi terzi, dal MESF, dal MES, dal FESF o dall’FMI, esso elabora di concerto con la Commissione, che agisce d’intesa con la BCE e, se del caso, con l’FMI, un progetto di programma di aggiustamento macroeconomico integrativo e sostitutivo dei programmi di partenariato economico a norma del regolamento (UE) n. 473/2013 che comprenda obiettivi annuali di bilancio.

Il progetto di programma di aggiustamento macroeconomico è rivolto ai rischi specifici che un determinato Stato membro pone alla stabilità finanziaria nella zona euro e punta a ristabilire rapidamente una situazione economica sana e sostenibile e a ripristinare pienamente la capacità dello Stato membro interessato di autofinanziarsi sui mercati finanziari.

Il progetto di programma di aggiustamento macroeconomico è basato sulla valutazione della sostenibilità del debito pubblico di cui all’articolo 6, che va aggiornato per tener conto dell’impatto dei progetti di misure correttive negoziate con lo Stato membro interessato, e tiene debitamente conto di ogni raccomandazione rivolta a detto Stato membro a norma degli articoli 121, 126,
136 o 148 TFUE e delle azioni adottate per ottemperarvi, mirando allo stesso tempo ad allargare, rafforzare e approfondire le misure necessarie.

Di seguito, il PDF del Regolamento:

Regolamento (UE) N. 472/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013

Certo, le regole possono essere cambiate, ma sarebbe assai difficile uscire da questo territorio di improbabilità.

Che fare, allora?

Guardare all’esempio della Grecia, imparare dal passato e ammettere, anche se fosse, che i 36 miliardi di euro che ricaveremmo dal MES non saranno mai e in alcun modo sufficienti a salvare l’Italia. E, soprattutto, aspettare di conoscere le fantomatiche «condizionalità» che verrebbero applicate nell’ipotetico MES light. Solo in quel momento potrà essere chiaro lo scenario derivante e comprendere se dire Sì o No.

Semmai il governo italiano dovesse effettivamente decidere di procedere con il MES light, l’auspicio è quello che non si ritrovi nelle stesse condizioni della Grecia di pochi anni fa nei confronti della Troika. Il problema più grande per il Governo ellenico nella gestione della sua crisi e del piano d’aiuti europeo era legato al fatto che le condizioni derivanti dai prestiti non erano state definite nero su bianco prima dell’erogazione del finanziamento ma venivano riviste, ritrattate e imposte ogni volta che la Grecia veniva a battere cassa, poiché il piano prevedeva l’erogazione di aiuti nelle cosiddette «tranche». Nel piano di intesa del 2015 tra Grecia e Troika erano presenti solo 13 misure fiscali del totale di 61 misure che il Governo ellenico dovette mettere in campo in cambio dei soldi di cui aveva bisogno.

Se davvero dobbiamo metterci il cappio al collo ricorrendo al MES in Italia per “soli” 36 miliardi di euro, che sia il più rapido e indolore possibile.
Per il resto, la soluzione più sensata rimane un gigantesco passo in avanti da parte della Banca Centrale Europea, l’unica che davvero può risollevarci dalle ceneri.

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