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di Glauco Maggi

Italiani a corto di vaccini? Ecco chi devono ringraziare

Glauco Maggi

15 marzo 2021

 Italiani a corto di vaccini? Ecco chi devono ringraziare

Biden ha ordinato tre giorni fa altri 100 milioni di vaccini alla Johnson & Jonson e, in versione Trump, ha annunciato che l’America è impegnata a tutto spiano nell’unico obiettivo di debellare il COVID, raggiungendo la immunità di gregge il prima possibile.

Agli americani, che sono ottimisti, il nuovo presidente ha promesso che gli adulti saranno tutti vaccinati entro la fine di maggio, cioè entro 75 giorni. E gli americani ci credono, e fanno bene. Ovviamente tutti speravano nei vaccini a raffica anche prima di Biden. Con la stampa mainstream che era soltanto concentrata a demonizzare Trump e a farlo perdere, la gente faceva il tifo per Moderna, per Pfizer, per Johnson & Johnson, ma se lo teneva dentro se odiava Trump.

Il politicamente corretto era parlare male della amministrazione repubblicana, perché, questa l’accusa dei leader Democratici, stava spingendo per avere “i vaccini autorizzati in fretta, senza garanzie, contro la scienza”.

Kamala Harris, da candidata vicepresidente, disse in settembre alla CNN: “Farmi vaccinare? Non mi fido della parola di Trump”. E alla domanda della giornalista della CNN se lei, in gara come vicepresidente, credeva che gli scienziati della agenzia governativa FDA avrebbero avuto l’ultima parola nella autorizzazione dei vaccini, ha risposto: “Guardando al passato no, gli scienziati non l’avranno. Saranno imbavagliati. Saranno repressi. Saranno messi da parte”. Neppure la parola di Tony Fauci, l’esperto usato dai media solo quando Trump litigava con lui, bastò’ a fare chiarezza e a dare fiducia. L’1 ottobre, il più fidato virologo al mondo oggi passato al servizio di Biden, disse al Texas Tribune: “Mi sento cautamente ottimista, come scienziato, che avremo un vaccino sicuro ed efficace. Credo che avverrà’, probabilmente entro fine dicembre”.

Poi sappiamo com’è finita. I vaccini sono andati in porto, bene e in fretta. Il senatore DEM Chuck Schumer, vinte le elezioni e diventato leader in Senato, ha twittato il 19 dicembre, lui che può twittare: “Ho avuto la prima dose oggi, su consiglio del medico di Capitol Hill. Il vaccino è sicuro ed efficace, e io incoraggio tutti a farselo non appena diventa disponibile”. E la disponibilità, che si è allargata fino a vaccinare oltre un milione e mezzo di persone al giorno (dato di questa settimana, ed è in crescita verso i due milioni) è un traguardo tagliato, una luce nel tunnel che fa guardare al futuro, qui, con speranza e ottimismo. Wall Street lo attesta. E così i primi tredici Stati che hanno riaperto al business.

Cosa succede per i vaccini in Italia e in Europa?

Sulla produzione e distribuzione dei vaccini, la situazione in Italia e in Europa è ben diversa. Ma chi ha prodotto l’attuale fiasco? Poteva essere evitato? Io, alla gente comune che oggi guarda agli Stati Uniti con invidia, suggerisco questa domanda e risposta. Perché gli USA di Biden sono una storia positiva? Perché lo è, ma soprattutto perché i media non hanno più il problema politico di eliminare Trump, e quindi raccontano numeri e fatti per quelli che sono.

Ma erano fatti e numeri anche quelli dei mesi dedicati da Trump alla guerra al coronavirus, da fine gennaio 2020 (la chiusura dei voli dalla Cina) fino alle autorizzazioni dei vaccini e delle terapie emergenziali dell’estate e dell’autunno. Erano fatti anche le pressioni alle case farmaceutiche perché investissero senza risparmi nelle innovazioni e nella ricerca. Erano azioni concrete gli ordinativi del governo per la produzione di milioni di dosi, prima che arrivasse l’ok scientifico della FDA per Moderna e Pfizer. Erano fatti, importanti e decisivi, i contratti stipulati da Trump, senza lesinare dollari pubblici, grazie ai quali Big Pharma ha compiuto straordinari di produzione mai visti. Questi contratti non erano forzature amministrative, ma decisioni di mercato. Potevano essere prese da tutti (vedi Israele). In parallelo, la struttura organizzativa e logistica veniva affidata a un generale, un anno prima di quanto ha fatto finalmente Mario Draghi.

Trump e il suo governo hanno insomma agito come meglio potevano, e oggi gli americani raccolgono i frutti. Quelli contro Trump, i giornalisti e gli elettori DEM, hanno avuto la botte piena e la moglie ubriaca: il presidente che volevano e un diluvio di vaccini che cambieranno la faccia del paese entro l’estate. Tutti gli altri, pro Trump o indifferenti, si godono comunque la migliore risposta sanitaria alla crisi del COVID-19 che potevano sognare. Il che è tantissimo, ovviamente. Biden è ipocrita e sa di mentire quando dice che ha ereditato “il disastro fatto da Trump” ed è lui che ora sta salvando la nazione. Lo sa lui e lo sanno i media arruolati. Però, al popolo interessa di più la sostanza: noi americani siamo vicini ai 100 milioni di cittadini che hanno avuto almeno una puntura (io tra quelli, due settimane fa), e pensiamo positivo.

L’eredità italiana

Gli italiani, invece, sono alle prese con un’eredità più complessa. Molto sgradevole. Per tutto il 2020, in moltissimi erano preoccupati, più di ogni altra cosa, che potesse ancora vincere Trump. Non è una esagerazione: c’è persino un commentatore di vaglia che ha detto che il COVID-19 una cosa buona l’avrebbe fatta, eliminare Trump. Il personaggio era odiato, ridicolizzato, ostracizzato da quando era stato eletto, e i giornali e le TV di regime hanno esasperato il sentimento di ostilità. I giornalisti hanno pensato, per il 90%, di essere parte della campagna elettorale contro Trump e il GOP, e hanno svolto la loro missione con rigore, e con il pubblico plaudente.

La critica politica è un diritto, e così la propensione ideologica a schierarsi a sinistra sulle questioni di politica estera. Ma, la stampa, non ha anche il compito di raccontare, di spiegare? Se i giornali italiani avessero dato spazio, onesto, a ciò che stava facendo Trump nella lotta al COVID-19, quanti problemi in via di soluzione in America avrebbero potuto trattare, aiutando l’opinione pubblica e la classe politica a capire, ad agire, a stimolare i governi? Quante idee avrebbero potuto far girare?
Limitiamoci al punto dolente in Italia ed Europa oggi: aveva ragione o torto Trump a puntare tutto e subito sui vaccini? Non sarebbe stato sensato spiegare che i vaccini non cadono dai peri ma vanno inventati? E comunque prenotati? E prepagati, in una pandemia che mette necessariamente tutti contro tutti?

Invece sono stati spesi mesi per studiare l’equa distribuzione, non la basilare produzione. Adesso è diventato politicamente corretto che Biden pratichi l “America first”, e Draghi “l’Italia prima”. Ma che cosa avrebbe potuto cambiare, in meglio per l’Italia e la UE, presentare la strategia trumpiana per quella che era? Ciò non avrebbe magari stimolato i governi europei a imitare ciò che era oggettivamente giusto. E che oggi è il senno di poi?

Non serviva giornalismo investigativo. Se non si volevano citare i comunicati della Casa Bianca, bastava andare sulla anodina Wikipedia per aggiornarsi sulla operazione Warp Speed ​​(OWS), lanciata da Trump fin da aprile 2020. La OWS è “una partnership pubblico-privato avviata dal governo degli Stati Uniti per facilitare e accelerare lo sviluppo, la produzione e la distribuzione di vaccini, terapie e sistemi diagnostici COVID-19. La prima notizia dell’operazione Warp Speed ​​risale al 29 aprile 2020, e il programma è stato annunciato ufficialmente il 15 maggio 2020. Era diretto dal co-presidente dell’Advisory Board COVID-19, David A. Kessler. Alla fine di febbraio 2021, l’operazione Warp Speed ​​è stata trasferita”, riporta Wikipedia, “alle responsabilità del team di risposta COVID-19 della Casa Bianca” . (Quella di Biden, ben lieto della eredità ricevuta).

“Il programma OWS ha promosso la produzione di massa di più vaccini e diversi tipi di tecnologie vaccinali, sulla base di prove preliminari, consentendo una distribuzione più rapida se gli studi clinici confermano che uno dei vaccini è sicuro ed efficace. Il piano prevedeva che alcuni di questi vaccini non si sarebbero dimostrati sicuri o efficaci, rendendo il programma più costoso dello sviluppo di un vaccino tipico, ma potenzialmente portando alla disponibilità di un vaccino praticabile diversi mesi prima rispetto alle normali tempistiche”, conclude il sito apolitico.

Era una storia interessante, mi pare. Da riportare e, magari, da prendere a modello. E’ stata invece ignorata, e ancora adesso se la racconto agli italiani vedo solo alzate di spalle. Ma il risultato è che qui il futuro è più roseo: abbiamo eletto Biden e abbiamo i vaccini. In Italia avete “eletto” Biden, ma non ci sono i vaccini.

Glauco Maggi

Giornalista dal 1978, vive a New York dal 2000 ed è l'occhio e la penna italiana in fatto di politica, finanza ed economia americana per varie testate nazionali

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