Tre aliquote o modello tedesco: come il governo Draghi vuole riformare l’Irpef

Alessandro Gregori

26 Aprile 2021 - 18:00

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Due ipotesi sul tavolo dell’esecutivo che ha promesso un disegno di legge delega entro il 31 luglio. Uno prevede la riduzione delle aliquote Irpef da 5 a 3. L’altro punta tutto sull’aliquota «personalizzata». Ma rischia di andarsi a scontrare con la maggioranza.

Tre aliquote o modello tedesco: come il governo Draghi vuole riformare l’Irpef

Il governo Draghi presenterà un disegno di legge delega per la riforma dell’Irpef entro il 31 luglio 2021. «Salvaguardando la progressività del prelievo», come ha detto il premier. E quindi andando verso una riduzione degli scaglioni (da 5 a 3).

Anche se c’è un piano alternativo. Che prevede il modello tedesco. E un’aliquota personalizzata. E proprio questa sarebbe la soluzione preferita di Draghi.

Tre aliquote o modello tedesco: come il governo Draghi vuole riformare l’Irpef

Andiamo con ordine. Il Piano Nazionale di Ripartenza e Resilienza che l’esecutivo consegnerà a Bruxelles entro il 30 aprile dice che le risorse per il taglio delle tasse dovranno in primo luogo essere trovate attraverso la lotta all’evasione fiscale. E infatti nel Pnrr si scrive che con i soldi dell’Europa si vuole potenziare l’attività di accertamento dell’Agenzia delle Entrate attraverso processi automatizzati che permettano l’analisi dei dati e la segnalazione dei casi sospetti all’Agenzia.

In più si parla dell’assunzione di nuovi ispettori fiscali: un concorso ha già bandito i primi 4mila posti. Ma l’attività di recupero dell’evasione fiscale servirà a porre le basi per la riforma delle tasse. E qui però rischia di arrivare il difficile. Lo stesso Draghi durante il suo discorso per la fiducia in Senato citò il «Modello Danimarca». Copenaghen nel 2008 ha nominato una commissione di esperti che ha presentato successivamente una relazione al Parlamento. Quel progetto prevedeva un taglio della pressione fiscale pari a 2 punti di Pil, riducendo l’aliquota marginale massima dell’imposta e alzando la soglia di esenzione.

Attualmente in Danimarca l’imposta nazionale è pari al 12,6% per i redditi da 42.800 a 513.400 corone e del 15% per lo scaglione superiore di reddito. Quella comunale va dal 22,5% al 27,8% mentre la tassazione sanitaria è stata abolita e sostituita con un incremento dell’imposizione a livello nazionale. A tutti i contribuenti è riconosciuta un’esenzione che parte da 46.200 corone.

Cosa vuole fare Mario Draghi con le tasse

Per l’Italia invece i modelli a cui guardavano i partiti prima dell’avvento di Draghi a Palazzo Chigi prevedevano la riduzione delle aliquote da 5 a 3 e il finanziamento del taglio attraverso la riduzione o la cancellazione delle tax expeditures, ovvero quelle esenzioni fiscali che rendono attualmente particolarmente complicato l’intero sistema. C’è però da dire che questo è un progetto che i governi si passano da anni promettendo riordini che poi alla fine non vengono effettuati. Proprio perché la materia è molto complicata e si rischia, con una modifica, di creare paradossi fiscali molto pericolosi. Soprattutto per il consenso del governo di turno.

E allora di progetto ne circola un altro. Che richiama il modello tedesco ma ad aliquota personalizzata. Il sistema fiscale in Germania è composto di quattro scaglioni e un’aliquota variabile che cresce al crescere del reddito. La versione italiana invece avrebbe una sola aliquota «personalizzata» sul contribuente. A seconda del reddito e della categoria di appartenenza ogni contribuente avrebbe una propria aliquota. Questo modello dovrebbe ridurre le tasse a chi guadagna tra i 15 e i 20mila euro l’anno. Le agevolazioni sarebbero decrescenti fino alla soglia dei 40mila euro, quando cesserebbero del tutto.

Il problema è che questa riforma, che è vicina alla proposta che il Partito Democratico aveva fatto a Conte prima della caduta del governo, ha ben pochi fans all’interno della maggioranza. Draghi dovrebbe provare a imporla ai partiti che lo appoggiano. Ma questo potrebbe portare a conseguenze pericolose. Anche per la tenuta dell’esecutivo.

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