L’ipocrisia di una global tax annunciata mentre Musk manipola beato i mercati

Mauro Bottarelli

06/06/2021

09/07/2021 - 16:48

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Quanto concordato al G7 necessiterà di anni prima di trovare attuazione concreta. Il patron di Tesla, invece, ha nuovamente affossato in tempo reale Bitcoin ed Ethereum con una serie di tweets, capaci in contemporanea di spedire alle stelle CumRocket, piattaforma cripto-porno salita del 400% in 10 minuti. Inutile parlare di tassa sul tech, se si lascia uno dei principali players condurre test pavloviani in Borsa

L’ipocrisia di una global tax annunciata mentre Musk manipola beato  i mercati

La global tax annunciata dal G7 rappresenta al meglio il principio della distrazione di massa. In linea di principio, infatti, chi può essere contrario a una tassa minima per le grandi corporations, soprattutto tech, al fine di chiudere una volta per tutta la corsa alla delocalizzazione selvaggia verso regimi fiscali più convenienti? Gli aggettivi utilizzati, poi, tradiscono la necessità di impressionare le opinioni pubbliche, offrendo loro lo scalpo delle multinazionali brutte e cattive. Grandi applausi davanti al tg, salvo poi andare a ordinare su Amazon.

Davvero cambierà qualcosa? In primis, i tempi saranno lunghi. Ratifica ulteriore dal prossimo G20 e poi da parte dei vari Parlamenti interessati: ci vorranno anni, inutile prendersi in giro. Ma la questione più seria sta alla base e sottende due criticità destinate a venire inghiottite dalla retorica dell’evento storico. Primo, quanto deciso al G7 è parte integrante dell’agenda dell’amministrazione Biden al fine di rendere più digeribile in patria l’innalzamento delle tasse federali più netto dal 1942. Il tutto per finanziare il mega-piano infrastrutturale e di transizione verde, di fatto l’alibi per continuare a finanziare strutturalmente il deficit con altri mezzi che non siano gli acquisti della Fed.

Solo un caso, infatti, che a lanciare la proposta della global tax sia stata - in nome di una tattica politica tanto chiara, quanto disperata - Janet Yellen, segretario al Tesoro Usa, intervenendo lo scorso 5 aprile al Chicago Council on Global Affairs? Peccato che nessuno abbia colto la perfetta sovrapponibilità delle parole utilizzate in quell’occasione dalla ex numero uno della Fed con quelle contenute nel comunicato del G7. Perché altrimenti avrebbe anche ricordato quale fu la seconda priorità avanzata dalla tenutaria dei conti pubblici Usa nel simposio in Illinois: la richiesta di aumento di 650 miliardi degli SDR dell’Fmi, in modo da garantire alle economie in difficoltà a causa della pandemia accesso al finanziamento. In dollari.

Proprio mentre il mondo si prepara al taper della Fed, ci si premura di appaiare la richiesta di una tassazione molto social e una mossa che - al netto della natura di paniere misto degli SDR - rappresenta un chiaro tentativo di rafforzamento e riaffermazione del ruolo benchmark del biglietto verde. Guarda caso, il G7 ha mostrato il pollice alzato alla proposta. Ma c’è di peggio, a livello di ipocrisia. La tassa globale, infatti, è di fatto definibile come tech tax, visto che sono i colossi della tecnologia - soprattutto Usa - a essere finiti nel mirino per le loro pratiche spericolate nella ricerca perenne delle aliquote migliori. Ora, questa tabella

Cum1

Fonte: Bank of America
ci mostra come all’ipocrisia generale se ne sommi una tutta statunitense, poiché se esiste un settore non regolamentato (e coccolato) negli States, quello è proprio lo stesso che la narrativa ora ci vorrebbe vendere come grande giubilato di turno.

Perché non aver cominciato a fare qualcosa in patria, piuttosto che coinvolgere il mondo intero e dilatare così i tempi di un’approvazione concreta? Forse, nella domanda è già compresa la risposta. Ma cosa accadeva in perfetta contemporanea con la riunione londinese dei sette Grandi? Elon Musk spediva letteralmente sulla Luna con una serie di nuovi tweets le valutazioni di CumRocket, piattaforma crypto-hard, specializzata nello scambio di materiale per adulti tramite l’utilizzo di valuta digitale, i cosiddetti cummies.

Questi grafici

Cum2

Fonte: Google Trend/Breakeout Point

Cum3

Fonte: CoinGecko

Cum4

Fonte: Bloomberg
spiegano molto bene l’accaduto, nato da un tweet del numero uno di Tesla nel quale la parola Bitcoin veniva associata all’emoticon di un cuore infranto. Detto fatto, tutti hanno interpretato il messaggio come la fine della storia d’amore fra Musk e la criptovaluta: la quale ha infatti perso immediatamente il 7%. Incalzato dai seguaci del comparto e invitato a tacere, ovviamente il patron di Tesla ha continuato a twittare. Per l’esattezza, l’ultimo cinguettio del 4 giugno è stato il seguente: Canada USA Mexico, parole scritte una sopra l’altra in modo da formare l’acronimo CUM. Detto fatto 2.0, tutti a comprare CumRocket.

Cum5

Fonte:PooCoin

Ed ecco che alle 10.39 ora locale negli Usa di ieri, Elon Musk rilancia con questo altro tweet.

Cum6

Fonte: Twitter
immediatamente tradotto come CumRocket sulla Luna. Nemmeno a dirlo, il prezzo di quest’ultima è salito del 400% nei dieci minuti seguenti al cinguettio, passando da 0,06 a 0,28 dollari. Manipolazione allo stato puro. Se non turbativa vera e propria. In grado di ottenere un altro risultato, però.

Mentre CumRocket volava, il resto delle criptovalute calava. Bitcoin di oltre 2.000 dollari, passando da 37.800 a circa 35.000 ed Ethereum da 2.800 a meno di 2.600 dollari. Insomma, se - come pare sempre di più - Elon Musk sta conducendo un esperimento pavloviano sulle reazioni del mercato ai suoi tweets sempre più criptici, una parte dell’universo di chi segue il comparto delle valute digitali pare essersi stancato del suo continuo trolling. E scarica, magari per buttarsi su AMC o GameStop.

Ora, occorre porsi alcune domande. Primo, perché la Sec non apre bocca al riguardo? Forse è il committente occulto del test operato da Elon Musk? Secondo, l’aver reso così palese il riferimento al comparto tech della nuova tassa globale, d fatto, è servito per confezionare un alibi perfetto e su misure a giustificazione di un prossimo sgonfiamento della bolla, la medesima di cui la stessa Sec non si è accorta e che la Fed ha espanso a dismisura con la sua liquidità?

Terzo, Elon Musk si è lanciato verso un bersaglio sicuro (cripto più porno, accoppiata vincente a prescindere) per evitare che la Rete parlasse troppo del fatto che solo due giorni prima il titolo Tesla fosse sceso sotto quota 600 dollari per azione, dopo la pubblicazione della notizia riguardo il calo del 50% degli ordinativi in Cina nel mese di maggio? Quarto, se si permette al patron del titolo flagship del Nasdaq, in grado di farsi largo anche nello Standard&Poor’s 500 a colpi di rialzi senza fine, di manipolare il mercato in questo modo, quanto è credibile l’idea di una regolamentazione fiscale a livello globale?

Oltretutto, scontando il fatto che l’attività parallela di Elon Musk sortisce effetti immediati e concreti, ciò che è uscito dal G7, per ora, è solo un annuncio. E queste due immagini finali

Cum7

Fonte: Amazon

Cum8

Fonte: Forbes
rendono alla perfezione il clima in cui ci stiamo muovendo e in cui si inserisce l’accaduto: la prima mostra un libro per bambini, già in vendita su Amazon, basato sull’epico short squeeze di GameStop lo scorso febbraio. La seconda ricorda come proprio la mania per le meme stocks del retail trading giovanile sul tech non sia nulla di nuovo: si tratta della copertina di un numero di Forbes del 1998. In pieno entusiasmo collettivo per il comparto tecnologico.

Come sia andata a finire, un paio di anni dopo, è noto a tutti. Anche all’epoca, la spettacolarizzazione faceva parte del processo di masticazione e digestione di un fenomeno finanziariamente folle che avrebbe portato solo disastri. Esattamente come oggi. Anzi, attualmente il problema appare ben più serio, se a scomodarsi è stato addirittura il G7.

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