Indici di bilancio: cosa sono, quali sono e perché sono importanti

Pierandrea Ferrari

17 Agosto 2021 - 08:00

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Quelli rilevati dagli indici di bilancio sono dei valori fondamentali per determinare la solidità di un’azienda. Ecco una guida completa.

Indici di bilancio: cosa sono, quali sono e perché sono importanti

Cosa sono gli indici di bilancio? Quali e quanti sono questi indicatori? E perché sono ritenuti così importanti?

Domande, queste, che ci riconducono all’area della gestione aziendale, poiché gli indici di bilancio svolgono una funzione cruciale per tastare lo stato di salute delle imprese.

Ecco una guida completa sugli indicatori che ci aiutano a navigare e a leggere i bilanci delle aziende.

Indici di bilancio: cosa sono e perché sono importanti

Questi indici, come accennato, sono uno degli strumenti utilizzati per analizzare i bilanci delle aziende. Secondo la dottrina economica, esistono infatti due modalità per effettuare una accurata valutazione – attuale, storica e prospettica – della situazione finanziaria ed economica di un’impresa: quella statica – che ricorre agli indici e ai margini – e quella dinamica, nota anche come analisi dei flussi.

La finalità degli indici di bilancio è dunque quella di rilevare se un’impresa riesce a raggiungere l’equilibrio economico. In tal senso, sono due le condizioni da soddisfare: i ricavi devono superare – o almeno pareggiare – il volume dei costi e l’azienda deve raggiungere un’adeguata potenza finanziaria.

Più approfonditamente, questa analisi si muove su tre direttrici: quella patrimoniale, in cui vengono indagate la struttura e l’autonomia finanziaria, quella relativa alla liquidità, utile per determinare se un’azienda è in grado di onorare i propri debiti e quella di redditività, che presenta alcuni degli indicatori più noti nel campo.

Quali sono gli indicatori di bilancio?

Riprendendo le fila del discorso, dunque, gli indici di bilancio più ricorrenti nella cronaca economica sono quelli che rilevano la redditività di una grandezza rispetto ad un’altra nel bilancio di un’azienda. Tra questi troviamo:

  • ROI: questo indice – acronimo di Return on Investment –si calcola dividendo il reddito operativo per il capitale investito, determinando di conseguenza quanto rende quest’ultimo. In base al valore misurato dall’indicatore, sono tre gli scenari che si possono concretizzare: il reddito operativo è più elevato rispetto al capitale investito, per cui l’investimento rende più del costo del denaro; reddito operativo e capitale investito si eguagliano, rendendo dunque nullo l’investimento; il reddito operativo è inferiore al capitale investito, il che determina la necessità di spegnere gli investimenti per non perdere ulteriore denaro.
  • ROE: acronimo di Return on Equity, questo indice ha la stessa funzione di quello appena illustrato, ma accende i riflettori sul capitale investito dai soci. Associato recentemente alla debolezza del sistema bancario italiano, l’indice si ricava con la seguente formula: reddito netto diviso mezzi propri.
  • ROA: abbreviazione di Return on Assets, questo indicatore misura la redditività degli investimenti, differenziandosi - anch’esso – dal ROI. Infatti, il ROA prende in considerazione l’intero attivo di un’azienda, con una formula che recita: utile pre-oneri finanziari diviso totale dell’attivo.
  • ROS: il Return on Sales misura il margine di profitto sulle vendite comparando – come evidenziato dalla formula – il reddito operativo con il fatturato.
  • Per ultimo, esistono altri due tipi di indicatori della redditività aziendale. L’AT, che ci calcola dividendo il fatturato per il capitale investito (logicamente, un AT elevato è un buon segno per un’azienda) e il Leverage, che misura il grado di indebitamento di un’impresa.

Gli indici di bilancio che rilevano la liquidità, invece, sono cruciali per valutare la capacità di un’azienda di onorare i propri debiti nel breve periodo. In questo campo, sono due gli indicatori di riferimento:

  • Indice di liquidità generale: indicatore, questo, che evidenzia la capacità di un’impresa di coprire le passività rispetto alle attività correnti. Per ottenere questo parametro, è necessario dividere l’attivo circolante per i debiti a breve termine.
  • Indice di liquidità primaria: ovvero, il tasso di copertura delle passività con liquidità immediata. La formula si ricava sottraendo le scorte di magazzino all’attività circolante, e dividendo il tutto per le passività correnti.

Per ultimo, ci sono gli indici che analizzano la situazione patrimoniale di un’impresa. Una macro-categoria, questa, che è utile dividere in due gruppi:

  • Analisi di struttura: in questa categoria ritroviamo gli indici per l’analisi della rigidità delle fonti di capitale, utili a determinare il grado di copertura finanziaria di attività con capitale proprio e debiti a lungo termine. In questo caso, un valore alto riduce il rischio per l’azienda di ritrovarsi nella condizione di non poter onorare i propri debiti. Vi è poi l’indice relativo all’analisi dell’elasticità degli investimenti, che si ricava dal rapporto tra le attività correnti e le attività totali. Infine, gli indicatori sulla rigidità degli investimenti che rilevano l’impatto delle immobilizzazioni sul totale degli investimenti.
  • Analisi di autonomia finanziaria: in questo campo sono tre gli indici di riferimento. In primis, quello che misura il grado di copertura delle immobilizzazioni, il cui valore si ricava sommando i debiti da immobilizzazioni di lungo termine al capitale netto, e dividendo il risultato per le immobilizzazioni nette. Vi è poi un indice che rileva il grado di copertura immobilizzazioni, che si misura dividendo il capitale netto per le immobilizzazioni nette. Infine, l’indicatore relativo alla copertura delle attività, che rileva la capacità dell’azienda di far fronte agli investimenti con il capitale proprio. In questo caso, si divide il capitale netto per l’attività, moltiplicando poi il risultato per cento.

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