I mercati si sbagliano di grosso: 7 grafici lo dimostrano

Mauro Bottarelli

15/03/2021

12/04/2021 - 13:59

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Se la Cina continua il suo profondo rosso sui timori della bolla, nonostante i dati macro positivi, l’Europa pare scommettere su Powell. Il diluvio di liquidità che il programma da 1,9 trilioni di dollari varato dal Congresso inietterà nel sistema, già da qui a settembre, finirà per la gran parte in extra-consumi e acquisto di titoli azionari? Sulla carta, sì. Ma sette grafici - da unire come puntini - gettano qualche seme di dubbio

I mercati si sbagliano di grosso: 7 grafici lo dimostrano

Cosa attendersi dalla Fed alla vigilia di un board implicitamente chiamato a dare una risposta all’aumento dei tassi, confermato dal decennale Usa tornato sopra 1,62%? La prima seduta della settimana ha offerta una lettura mista: la Cina, nonostante dati macro su produzione industriale e vendite retail decisamente positivi, ha visto i propri indici ricominciare la pesante discesa in negativo, mentre l’Europa ha sùbito invertito la marcia e virato verso il verde acceso. E se Pechino sconta le tensioni particolarmente forti innescati dagli stessi regolatori rispetto alla sostenibilità della bolla equity, più interessante appare il quadro in cui si configura l’ottimismo del Vecchio Continente. Di fatto, un gioco di specchi con quanto atteso negli Usa e una prezzatura della nuova certezza auto-alimentante: il varo a tempo di record del piano Biden da 1,9 trilioni di dollari ha sgravato non poco il compito della Fed, ponendola di fatto in una posizione win-win.

Proprio vero? Mai come in questo caso, la logica dei puntini da unire come nella Settimana enigmistica viene incontro ai tentativi di analisi. Partendo dalla prima briciola di pane lasciata sul terreno e mostrata in questo grafico,

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SRP
dal quale si evince come il pacchetto di stimolo del Congresso avrà un impatto enormemente front-loaded sull’economia americana, visto che una parte più che sostanziale del suo ammontare verrà iniettata nel sistema entro il prossimo settembre, qualcosa come 1,2 trilioni di dollari nei prossimi 5 mesi. Per mettere la questione in prospettiva, il piano di tagli fiscali di Donald Trump si è sostanziato in controvalore pari a 700 miliardi di dollari, spalmati però su 10 anni. Praticamente, un diluvio all’orizzonte. E un orizzonte mai così vicino. A questo punto, l’interrogativo principale per chi investe diviene automatico: dove finiranno quei soldi? Il secondo e il terzo puntino ci portano a queste altre immagini,

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Bank of America

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Bank of America
contenute nel corposo report preparato al riguardo da Bank of America: in un Paese dove il Pil è ancora composto al 70% dei consumi personali, la gran parte del check federale in arrivo sui conti correnti finirà in investimenti, abbattimento del debito e, soprattutto (in maniera equamente suddivisa fra fasce di reddito), in ulteriori risparmi. Insomma, se l’aspettativa per la mossa dell’amministrazione Biden era quella di un kicker esplosivo e immediato per il Pil, difficilmente le sole spese per viaggi, vacanze e tempo libero potranno garantire una conferma. Al netto, oltretutto, di una variabile Covid che si è già rivelata tutt’altro che eliminata dal tavolo per almeno due volte a livello interno e che in Europa sta imperversando, restringendo quindi il campo turistico.

C’è poi un’altra certezza su cui il mercato fonda il suo ottimismo, guardando allo tsunami di liquidità in arrivo. La mostra questo altro grafico,

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Bloomberg
ennesimo puntino chiamato a disvelare la figura finale: la prezzatura preventiva di un inflow di cosiddetta stimmy money (denaro legato al pacchetto di «stimolo») nel mercato azionario, come d’altronde confermato anche da Bank of America. E il precedente mostrato nel grafico pare chiaro, quantomeno a livello di speranza di rimbalzo dell’indice maggiormente colpito dalla sell-off legata alle prospettive inflazionistiche e di rialzo dei tassi, il Nasdaq. Ci penseranno ancora i Gordon Gekko in ciabatte a sostenere Wall Street e la bolla tech? In molti, praticamente tutti, sperano di sì. Ma questo altro grafico

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JP Morgan
mostra il lato perverso di quella speranza, quantomeno se guardato dal punto d vista dei retail traders o Robinhooders che dir si voglia: il livello di esposizione al mercato equity, diretta o via mutual funds, del settore non professionale sta approcciando rapidamente il picco massimo toccato durante la bolla tech del 1999-2000. Quasi il 40%. E alla luce dell’epilogo precedente, il cattivo pensiero che ricorre è sempre lo stesso, quantomeno a ogni fase terminale di espansione della bolla: parco buoi con il cerino in mano e smart money sulla sponda del fiume, pronta a comprare sui minimi e godersi il successivo rally garantito da un Fed pronta alla nuova emergenza? Non sarebbe la prima volta. E, quasi certamente, nemmeno l’ultima.

Ma ecco la variabile terminale, quella che potrebbe far saltare del tutto il quadro ottimistico che il mercato ha voluto dipingersi della situazione cui la Federal Reserve domani e dopo è chiamata a mettere mano. Questi ultimi due grafici

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Bloomberg

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Bloomberg
rappresentano infatti i puntini finali, quelli chiamati a svelare la figura nascosta. Nelle contrattazioni del weekend, infatti, Bitcoin ha toccato quota record di 60.000 dollari, salvo perdere il 5% in area 56.200 già nelle prime ore di trading europeo del lunedì. A forzare i cali, la notizia in base alla quale l’India starebbe per varare una legge che rende di fatto illegale la detenzione di criptovalute e prevede multe severe per investitori, miners e traders. Un precedente enorme, stante solo il peso demografico di quel Paese. Ma il secondo grafico mostra come la community che fa capo a WallStreetBets, la stessa che continua a far impazzire gli hedge fund con gli short squeeze su micro-caps e penny stocks, stia adesso concentrando la propria attenzione su titoli proxy rispetto all’universo delle criptovalute, soprattutto miners. Se infatti la regola delle chat settoriali vieta discussioni di investimento su Bitcoin e simili, i titoli azionari che tracciano le monete digitali sono esentati da questo bando.

E i numeri recenti parlano chiaro: alla chiusura del 12 marzo, Marathon e Riot avevano entrambi sorpassato il 7.600% di guadagno sull’anno. Sarà anche per questo che l’India starebbe pensando di colpire duro proprio i miners? Insomma, quale figura salta fuori, alla fine? Un enorme punto interrogativo. Anticipato da una domanda: e se tutto quel denaro appena approvato dal Congresso finisse in risparmio e criptovalute (di fatto, investimento alternativo all’equity istituzionale) invece che in extra-consumi personali e sostegno a Wall Street via Nasdaq? Ancora poche ore e sapremo se l’atteggiamento della Fed sarà davvero quello di un player che opera forte di uno status da win-win.

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