Il punto di vista della GenZ sulla politica

Il punto di vista della GenZ sulla politica

di Paolo Di Falco

L’attualità raccontata da Giorgio Zanchini

Paolo Di Falco

30 marzo 2022

Quattro chiacchiere con Giorgio Zanchini: dall’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil alle parole di Biden a Varsavia passando per l’attivazione del meccanismo di protezione dei rifugiati.

Negli ultimi giorni e a più di un mese dall’invasione russa dell’Ucraina, sono tanti gli argomenti che si riversano nel dibattito pubblico: dall’aumento delle spese militari fino al 2% del Pil alle parole del presidente americano Joe Biden che, in Polonia, ha parlato di “cambio di regime” riferendosi al presidente russo Vladimir Putin che, tra l’altro, ha anche accusato di essere “un dittatore che vuole ricostruire un impero” aggiungendo: ”Per l’amor di Dio, quest’uomo non può restare al potere”.

Per comprendere meglio cosa c’è dietro queste due grandi tematiche e, al contempo, il peso dei social e della cultura nel conflitto ucraino ne abbiamo parlato con Giorgio Zanchini, giornalista, conduttore radiofonico di Radio Anch’io su Rai Radio 1 e conduttore televisivo di Quante Storie e di Rebus con Corrado Augias.

In prima battuta, per quanto riguarda la recente posizione presa dal leader del M5S Giuseppe Conte contro l’aumento delle spese militari, lo stesso Zanchini ci ricorda che: ”Questa radicalità credo sia leggibile anche come una dichiarazione sul fronte interno dato che Conte verrà sottoposto a un nuovo voto del Movimento per la presidenza ed esprimere una posizione che è sicuramente cara al nucleo originario del Movimento fa il suo giogo: probabilmente più persone voteranno sì alla sua presidenza. Sembra che si vada verso una ricomposizione della maggioranza perché nessuno ha intenzione di rompere su questo. Lo stesso Draghi e il Ministro della Difesa hanno ribadito che un Paese misura la sua serietà e il modo in cui viene considerato dalle cancellerie degli altri Paesi in base al rispetto dei propri impegni. L’Italia aveva sottoscritto in Galles un accordo della Nato che prevedeva un aumento delle spese militari del 2% entro il 2024: tutti i governi hanno confermato il loro impegno compresi i governi Conte. Oggi siamo all’1,54% e dovremmo continuare a incrementare le spese militari entro quella data. Perché non prendere quei soldi e investirli nei bisogni che hanno gli italiani soprattutto in questo momento di difficoltà economica? Ovvio che sarebbe più giusto ma se ragioniamo in questi termini tutte le spese militari sono spese buttate al vento perché siamo tutti contro la guerra però bisognerebbe guardare il contesto e gli impegni che un Paese ha preso: io credo che alla fine gli italiani troveranno una soluzione di compromesso che non scontenti nessuno e mostri ai nostri alleati che siamo capaci di rispettare i nostri impegni”.

Per quanto riguarda la frase del presidente americano Biden, il giornalista Zanchini dice che: ”È interpretabile in tre modi: il primo è che molto semplicemente gli è sfuggita andando al di là delle convenzioni istituzionali e non a caso, da Blinken alla Casa Bianca, tutti hanno cercato di circoscrivere e contestualizzare quella frase che sicuramente non aiuta facendo sentire all’angolo Putin. La seconda possibile spiegazione è che in realtà Biden abbia pronunciato quella frase intenzionalmente per dire al mondo e agli oppositori russi che Putin non può guidare la Russia di domani. Poi c’è una terza lettura che non capiamo perché al momento è incomprensibile. Aggiungo che, come ha detto il politologo Ian Bremmer, quella frase Biden potrebbe averla detto d’istinto perché era in Polonia: un Paese che ha conosciuto l’occupazione sovietica e odia Putin“.

Ad assumere rilevanza in questa guerra sono stati anche i social network: migliaia di persone in Ucraina, tra cui ragazzi e ragazze, si sono ritrovati catapultati in una guerra novecentesca e per raccontarla stanno utilizzando la grande rete creata da social media. “Questa, come diceva Bill Clinton in un colloquio con il cantautore Francesco De Gregori riportato da alcuni giornali, è una guerra che non è esente dalle dinamiche che abbiamo conosciuto nel novecento ovvero l’inquinamento e la propaganda però c’è una partecipazione da parte delle opinioni pubbliche che è enorme. I Tweet, i filmati, le dirette Facebook entrano a far parte di un’immensa rete che a sua volta viene continuamente rilanciata: questa forse è la prima guerra raccontata veramente dai social e in qualche modo credo che questo aiuti chi è molto più abile in quel mondo lì come gli ucraini”.

Ad aggiungersi ai social c’è anche la cultura e, nel nostro Paese, diversi sono stati gli episodi surreali che si sono susseguiti e che hanno coinvolto scrittori, intellettuali e docenti. Su questo Giorgio Zanchini ci tiene a precisare che: ”Esistono episodi surreali così come esistono nel dibattito pubblico, a mio avviso, opinioni assurde che io non condivido affatto però la democrazia è il posto migliore dove si possa vivere proprio perché per questa varietà di posizioni. La grandezza della democrazia sta nel fatto che poi si apre una discussione pubblica e le posizioni più ragionevoli, ovvero quelle basate sui fatti, in un dibattito razionale alla fine emergono”.

In questo scenario però va segnalato che sono diversi i grandi passi avanti che si sono compiuti come l’applicazione, per la prima volta nella storia europea, della direttiva contenente il meccanismo di protezione temporanea dei rifugiati ma, in futuro, la prospettiva non sembrerebbe portare a un cambio di mentalità da parte di alcuni Paesi. Lo stesso Zanchini sottolinea come: ”Abbiamo già visto che quella direttiva prevede che ogni Paese, e già i Paesi che hanno un atteggiamento di maggiore chiusura hanno chiesto di applicarla in questo modo, può decidere la cittadinanza di coloro ai quali dare la protezione umanitaria per cui molto probabilmente alcuni Paesi accoglieranno solo alcuni profughi di provenienza ucraina. All’interno dell’Ucraina però lavoravano persone di provenienza e cittadinanza differenti: asiatici, africani, cinesi… Nei confronti di queste persone non c’è stata apertura e lo si è già visto anche ai confini con la Bielorussia o nell’atteggiamento differente che si ha quando sbarcano sulle nostre coste persone dalla pelle nera, è come se scattassero dei retaggi razziali insiti all’interno dell’uomo bianco occidentale. Per cui è nobilissimo ciò che stiamo facendo nei confronti degli ucraini ma non sono tanto sicuro che passata la crisi, speriamo il prima possibile, quello stesso atteggiamento venga riservato a chi proviene da altre realtà geografiche e ha un colore della pelle diverso dal nostro”.

Paolo Di Falco

18 anni, di Siracusa. Ho creato La Politica Del Popolo, un sito di news gestito da giovani.

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