La Germania del dopo-Merkel riparte da qui: luci e ombre dell’economia tedesca

Violetta Silvestri

24 Settembre 2021 - 13:10

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La Germania osservata speciale: in attesa delle elezioni che daranno il via all’era del dopo Merkel, come si presenta la potenza europea? Cosa c’è da sapere sull’economia della nazione guida dell’UE.

La Germania del dopo-Merkel riparte da qui: luci e ombre dell’economia tedesca

Germania in attesa di sapere chi sarà il nuovo cancelliere: l’era del dopo Merkel sta per iniziare con le elezioni del 26 settembre.

In 16 anni come si è trasformata la nazione considerata il motore dell’Unione Europea? L’economia tedesca si presenta ancora come il perno del continente, tra luci e ombre.

Da dove riparte la Germania dopo le elezioni del 26 settembre? Il focus è su alcuni significativi traguardi e altrettanti rilevanti sfide sul piano dell’economia.

Stabilità, freno al debito e corsa dell’export nella Germania della Merkel

Nel prendere in esame gli aspetti salienti e più positivi dell’economia tedesca targata Merkel non c’è dubbio che il rigore e la stabilità rientrano ai primi posti.

Basta considerare che nei 16 anni del Governo della cancelliera la nazione si è saldamente affermata come la locomotiva d’Europa.

La variazione del PIL reale pro capite in Germania, considerando l’anno 2005 come base a 100, si attesta a 118 nel 2021, in costante crescita (tranne la parentesi 2020), secondo i dati IMF.

Il valore, per esempio, è più alto di Italia e Francia e della stessa UE a 27.

E poi c’è la questione debito. Nonostante le difficoltà della pandemia che hanno costretto anche la Merkel a congelare i limiti di spesa stabiliti dalla costituzione, il debito pubblico tedesco resta tra i più bassi rispetto al PIL. Nel 2021 risulta al 70% del Prodotto Interno Lordo, a fronte del 157% in Italia, 115% in Francia, 133% negli USA e addirittura 235% in Giappone.

Da sottolineare che con a capo la Merkel, lo Stato tedesco ha incentivato l’export, affermandosi come il terzo esportatore al mondo. Le esportazioni di beni e servizi rappresentavano oltre 40% di PIL nel 2019. A confronto, in Italia e negli USA poco più del 30% e in Francia di poco sopra il 10%.

Con un particolare importante: in Germania la quota di esportazioni verso la Cina è aumentata in modo netto negli anni, raggiungendo l’8% del totale dell’export nel 2020. Gli USa rappresentano l’8,6% e questo spiega perché la Merkel ha tanto lavorato per continuare i colloqui tra Pechino e Bruxelles per accordi commerciali.

Le ombre dell’economia tedesca

Non solo luci e crescita, però, nella Germania plasmata dalla Merkel.

La nazione si presenta alle elezioni con una spesa pubblica per investimenti troppo frenata, tanto che il Paese è considerato tra i meno digitalizzati d’Europa.

La stessa industria, cuore pulsante dell’economia, sta trovando serie difficoltà nel suo comparto cruciale, l’automotive. La quota tedesca quinquennale media della produzione mondiale di veicoli si è assottigliata sempre di più dal 2006 al 2020, a tutto vantaggio di USA, Cina, Giappone.

Un’ombra non da sottovalutare se si considera l’attuale crisi del settore per la carenza di chip e i nodi della transizione energetica.

Infine, uno sguardo sull’occupazione. Con la liberalizzazione del mercato del lavoro avviata da Schroder, la Germania ha vissuto un vero e proprio boom. Tuttavia, il piano Hartz ha di fatto incentivato i cosiddetti mini-job, lavori part-time da circa 450 euro al mese, esplosi nell’era Merkel.

La Germania riparte da qui: riuscirà a rimanere il motore economico dell’Europa?

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