G7: accordo su tassa minima alle multinazionali, perché è un passo storico?

Violetta Silvestri

5 Giugno 2021 - 15:25

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Il G7 ha approvato un accordo che spiana la strada alla tassazione minima delle multinazionali. Le big tech sono nel mirino: perché la svolta sulla tassa è storica?

G7: accordo su tassa minima alle multinazionali, perché è un passo storico?

Il G7 ha concordato lo schema di un accordo globale sulla tassazione minima per le multinazionali.

La decisione potrebbe dare ai Governi maggiori diritti di tassare i giganti tecnologici statunitensi e non solo e stabilire un piano per le tariffe su grandi imprese in tutto il mondo.

Il passo è stato subito considerato storico, poiché consentirà di cambiare la base del diritto internazionale sull’imposta sulle società per la prima volta in un secolo.

Cosa significa l’accordo del G7 sulla tassa minima per le multinazionali?

Cosa prevede l’accordo per tassare le big tech?

Il Gruppo dei Sette ha affermato che sosterrà un’aliquota minima globale dell’imposta sulle società di almeno il 15% e adotterà misure per garantire che le tasse siano pagate nei Paesi in cui operano le imprese.

“Dopo anni di discussioni, i ministri delle Finanze del G7 hanno raggiunto un accordo storico per riformare il sistema fiscale globale per adattarlo all’era digitale globale”, ha detto ai giornalisti il ​​ministro delle finanze britannico Rishi Sunak.

L’accordo, che potrebbe costituire la base di un patto globale già il mese prossimo, mira a porre fine a una “corsa al ribasso” decennale in cui i Paesi hanno gareggiato per attirare giganti aziendali con aliquote fiscali ed esenzioni ultra basse.

Ciò è costato alle casse pubbliche centinaia di miliardi di dollari, un deficit che ora devono recuperare con tanto più urgenza per pagare l’enorme costo di sostenere le economie devastate dalla crisi del coronavirus.

Perché l’imposta minima globale è storica?

Il passo compiuto oggi è stato definito storico.

I Paesi stanno negoziando per cercare un accordo fiscale internazionale dal 2013. I colloqui in seno all’OCSE hanno lasciato gli Stati Uniti e i gli europei ai ferri corti, in particolare sulla tassazione delle grandi società tecnologiche statunitensi.

Tuttavia le prospettive per un accordo sono aumentate sostanzialmente dopo che Joe Biden ha sostituito Donald Trump come presidente degli Stati Uniti all’inizio di quest’anno.

La tensione era al massimo soprattutto tra Parigi e Washington. La Francia è stato il primo Paese a bypassare il lento processo OCSE sulle modalità di tassazione degli utili, optando per un controverso prelievo esclusivamente sui ricavi digitali delle grandi imprese operanti.

Mentre gli Stati Uniti ed Europa si scambiavano minacce negli ultimi due anni, i negoziatori dell’OCSE hanno lottato per ottenere soluzioni che andassero bene per tutti.

L’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha cambiato radicalmente la situazione.

L’accordo del G7 suggerisce che gli Stati Uniti e l’Europa hanno trovato un modo per quadrare il cerchio in modo che tutte le aziende tecnologiche siano incluse.

Ma non ci sono ancora i dettagli su dove fissare esattamente le soglie, che dovranno essere risolte nei colloqui OCSE che si riuniranno la prossima fine di giugno.

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