Emergenza rifiuti a Roma, una montagna di immondizia (e di possibili guai sanitari): l’inchiesta di Money.it

Alessandro Cipolla

11 Agosto 2021 - 17:50

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A Roma c’è un reale rischio di emergenza sanitaria a causa dei rifiuti in strada? L’inchiesta di Money.it sulla situazione nella Capitale tra numeri, costi e responsabilità.

Emergenza rifiuti a Roma, una montagna di immondizia (e di possibili guai sanitari): l’inchiesta di Money.it

Roma è di nuovo nel pieno di una emergenza rifiuti. L’inchiesta di Money.it è un viaggio tra numeri, costi, responsabilità e possibili rischi sanitari legati alla presenza ogni giorno di tonnellate di immondizia lungo le strade; con l’obiettivo di comprendere il caos che da tempo sta attanagliando la Capitale.

All’ombra del Cupolone questa nuova crisi è scoppiata ufficialmente lo scorso 3 giugno, quando, per volere del presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, il dossier sull’emergenza è arrivato fino al Ministero della Transizione Ecologica, il super-dicastero di recente creato per gestire la parte del PNRR relativa all’ambiente.

I romani sanno perfettamente che si tratta di un problema che si trascina ormai da anni, ma che puntualmente ogni estate torna a essere di grande attualità con strade piene di rifiuti e un olezzo nauseabondo che si diffonde tra le vie di quella che è una delle città più belle al mondo.

Un’emergenza, quella dei rifiuti a Roma, che non investe solo l’ambito del decoro urbano, ma come abbiamo appurato in questa inchiesta anche quello della salute pubblica. In questo scenario, da settimane i cittadini stanno assistendo all’immancabile rimpallo di responsabilità tra Regione e Comune, come da peggiore tradizione italica.

A complicare le cose ci sono le imminenti elezioni amministrative a Roma, con le logiche da campagna elettorale che hanno portato a un irrigidimento delle posizioni facendo naufragare, al momento, ogni ipotesi di collaborazione istituzionale.

Nel mezzo ci sono i cittadini, costretti a pagare una delle TARI più alte d’Italia e a sopportare i disservizi di AMA, oltre alla quotidiana visione dei cassonetti stracolmi di rifiuti che strabordano nelle strade e nei marciapiedi.

Ma come si è arrivati a questa nuova emergenza rifiuti a Roma? Partendo dai numeri e dai costi dell’immondizia nella Capitale, questa inchiesta ha provato a fare luce sui reali rischi sanitari generati da una situazione scandalosa per una città che è stata la culla della civiltà occidentale.

L’inchiesta di Money.it sui rifiuti a Roma

I numeri

Nella Capitale la raccolta, lo smaltimento dei rifiuti, la pulizia delle strade e la gestione dei servizi cimiteriali, sono tutti servizi affidati ad AMA S.p.A.; una società in house dell’ente Roma Capitale che è anche il socio unico dell’azienda.

Si tratta di una delle più grandi società nostrane, che può contare su circa 7.500 dipendenti (dato del 2017) che devono soddisfare oltre 2,8 milioni di utenze e occuparsi della pulizia di 3.370 km di strade.

Stando ai dati diffusi da AMA, che però sono fermi al 2016, Roma produce quotidianamente circa 4.600 tonnellate di rifiuti. Una quantità scesa durante il periodo del lockdown, vista anche l’assenza dei turisti, ma che ora con le riaperture sta tornando a salire.

Rifiuti Roma

Guardando il bollettino 2020 della Regione Lazio, emerge che nella Città Metropolitana di Roma Capitale “la produzione pro-capite pari a 534,1 kg/ab.anno nel 2017 risulta superiore alla media regionale (505 kg/ab.anno), ma risulta in calo rispetto al valore del 2013 (568,3 kg/ab.anno)”.

Il primo tasto dolente è quello della raccolta differenziata. Quando Virginia Raggi nel 2016 è arrivata al Campidoglio, la percentuale dei rifiuti differenziati era del 43%. Il piano industriale del 2017 aveva indicato per il 2021 l’obiettivo di arrivare fino al 70%.

Al 2020, però, non si è riusciti ad andare oltre il 45% mentre la crescita stimata per la fine di quest’anno è inferiore al punto percentuale. In sostanza, in questo quinquennio pentastellato la raccolta differenziata è aumentata meno del 2%, una Caporetto per i grillini.

Per capire quanto sia indietro Roma, basta vedere i dati ISPRA relativi ad alcune tra le altre grandi città italiane: nel 2019 la differenziata a Milano è stata del 67,4%, a Bologna del 65,5%, a Firenze del 64,8% e a Torino del 57,9%.

Per cercare di aumentare la percentuale della raccolta differenziata, il Campidoglio ha da poco iniziato la sostituzione di tutti i 41.000 cassonetti presenti in città con dei nuovi contenitori stradali: le operazioni stando alle parole della sindaca dovrebbero terminare nel 2023.

Nuovi cassonetti

Se la raccolta differenziata a Roma è cresciuta soltanto minimamente negli ultimi anni, quella porta a porta paradossalmente è addirittura diminuita: stando a un dossier di Legambiente pubblicato a inizio luglio, soltanto il 33% dei cittadini viene servito con il sistema del PaP.

Bisogna ricordare però che al momento del suo insediamento, Virginia Raggi ha ereditato una situazione disastrosa di AMA, riuscendo dopo non pochi sforzi ad approvare lo scorso marzo i bilanci 2017, 2018 e 2019, quest’ultimo chiuso in attivo di 1,8 milioni mentre quelli precedenti in rosso rispettivamente di 227 e 12 milioni.

I costi: dalla TARI allo smaltimento

In una situazione emergenziale che si trascina da anni, i romani subiscono anche la beffa di dover pagare una delle TARI più alte tra le città italiane. Stando a uno studio della UIL, nel 2020, a Roma la spesa media per famiglia è stata di 322 euro, con un aumento del 2,9% rispetto al 2019.

In totale il Campidoglio nel 2020 ha riscosso tramite la TARI 791 milioni di euro, 14 milioni in più rispetto l’anno precedente quando nel complesso l’incasso era stato di 787 milioni, guardando i dati snocciolati da Confcommercio Roma,

Per capire, invece, quanto spende il Comune per i rifiuti analizziamo un report di Openpolis, che riporta gli importi di spesa in bilancio per l’amministrazione, l’ispezione, il funzionamento e il trattamento del sistema di smaltimento dei rifiuti. Dal dossier si evince che nel 2019 la spesa pro capite per la gestione dei rifiuti a Roma è stata di 273,77 euro.

Una cifra maggiore rispetto ai 207,98 euro di Milano e ai 230,93 euro di Torino, con la Città Eterna in questa speciale classifica che si è piazzata in terza posizione tra le grandi città dietro a Venezia e Genova.

Rifiuti Roma

Sempre per Openpolis, dal 2017 al 2019 Roma ha dimezzato gli investimenti per la gestione dei rifiuti, passando da 597,57 euro pro capite a 273,77 euro. In totale, nel 2019 il Comune avrebbe speso 776,8 milioni, in calo del 54% rispetto agli 1,7 miliardi del 2017.

Stando a un articolo di La Repubblica dello scorso aprile, nel 2020 ogni giorno 160 camion sono partiti dalla Capitale per portare i rifiuti fuori città: in totale AMA avrebbe speso 128.440.762,51 euro per trattare altrove “quasi l’80% delle 860.000 tonnellate di immondizia indifferenziata prodotta dalla Capitale e smaltire gli scarti di lavorazione del TMB di Rocca Cencia”.

Possibile emergenza sanitaria?

In questo braccio di ferro tra Regione e Comune, i cittadini sempre più esasperati si sono riuniti in diversi comitati che, in più di un’occasione, sono scesi in piazza per manifestare tutta la loro insofferenza.

Sotto accusa anche AMA, che non starebbe più prendendo in considerazione le tante segnalazioni che quotidianamente giungono ai suoi centralini: se gli abitanti del Pigneto hanno manifestato davanti al MITE, quelli di Settecamini hanno lanciato una class action per chiedere la riduzione della tassa sui rifiuti.

Intervistato a fine giugno da Nsl Radio, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa (Noi con l’Italia) è stato molto chiaro in merito a un potenziale rischio sanitario a Roma dovuto alla presenza dei rifiuti in strada.

Non c’è dubbio, non lo dico solo io ma ci sono i dati, le evidenze e le esperienze del passato - ha spiegato Costa - È chiaro che con l’arrivo dell’estate e l’innalzamento delle temperature i rifiuti non raccolti e abbandonati possono rappresentare un rischio anche per la salute, è un tema che le amministrazioni locali devono affrontare e risolvere. Non è solo una questione di decoro urbano, ma certamente anche un tema legato alla salute pubblica”.

Con una stima di mille tonnellate di rifiuti che ogni giorno si trovano in strada, nelle scorse settimane l’assessore regionale alla Salute Alessio D’Amato ha spiegato che “per il momento è un’emergenza igienica, ma potrebbe diventare presto un’emergenza sanitaria e potrebbe scattare un’ordinanza”.

Rifiuti Roma

Visto il tenore dell’allarme lanciato dal sottosegretario Costa e dall’assessore D’Amato, Money.it ha interpellato sulla questione due delle figure più stimate nel panorama sanitario capitolino: i dottori Enrico Di Rosa e Antonio Magi.

Rispetto a quelle dei due politici, sono state più caute le parole di Enrico Di Rosa, direttore del servizio igiene e sanità pubblica dell’Asl Roma 1: “I rifiuti a Roma sono un grave problema di decoro urbano e degrado ambientale, ma al momento non rappresentano una emergenza sanitaria”.

Roma anche se molto carente un sistema di raccolta rifiuti ce l’ha, in più ci sono anche altri aspetti di qualità - ha spiegato Di Rosa a Money.it - questi rifiuti al momento non portano a un rischio di contatto diretto, non si tratta di rifiuti tossici ma domestici e non c’è il pericolo di una contaminazione delle falde idriche”.

Per il direttore l’accumulo di rifiuti favorisce la presenza di topi, gabbiani e ultimamente anche cinghiali, ma allo stato delle cose non abbiamo segni di aumento di malattie di trasmissione, anche se l’abitare dove c’è un forte cattivo odore proveniente dai cassonetti può portare per i cittadini a una situazione di stress”.

È scandaloso che una città come Roma non abbia un sistema adeguato per lo smaltimento dei rifiuti, anche perché questa situazione ormai va avanti da diversi anni - ha poi aggiunto Di Rosa - l’esperienza del Covid ci ha insegnato che dobbiamo comunque essere sempre pronti ad affrontare ogni evenienza non facendoci trovare impreparati”.

Questa analisi fatta dal dottor Enrico Di Rosa, sulla situazione rifiuti a Roma, trova d’accordo Antonio Magi, presidente dell’Ordine dei Medici e docente presso l’UniCamillus.

Per tre volte ho lanciato l’allarme scrivendo lettere, la prima nel 2019 e l’ultima pochi giorni fa, indirizzate al ministro Roberto Cingolani, alla Regione Lazio, al Comune e al Prefetto - ha spiegato a Money.it il professore - Al momento siamo in una situazione di allerta per emergenza igienica, il rischio però è che, rimanendo così le cose, possa tramutarsi in una emergenza sanitaria”.

Per Magi i rifiuti in strada sotto il sole “possono attirare animali opportunisti come topi, gabbiani e ora anche famiglie di cinghiali; come mi è stato documentato con foto da alcuni cittadini, poi si formano delle larve che nel loro ciclo di trasformazione possono essere veicolo di infezioni facendo diventare l’emergenza a quel punto sanitaria”.

Bisogna evitare che dai rifiuti possa nascere un problema ancora più importante - ha poi concluso il dottore - adesso complice anche la campagna elettorale sembrerebbe che qualcosa si stia smuovendo, ma tutti gli attori in causa devono sedersi intorno a un tavolo per trovare una soluzione”.

A dimostrazione di come a Roma ormai da anni ci siano delle preoccupazioni sulle possibili ripercussioni sanitarie a causa dei rifiuti in strada, ci sono le dichiarazioni rilasciate in passato da altri esperti capitolini.

Nel gennaio 2018 sentito da Adnkronos, Michele Conversano, past president della Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti), aveva parlato dei possibili rischi sanitari. “Le temperature molto miti, quasi primaverili, che stanno caratterizzando questo inizio anno per la Capitale facilitano infatti la fermentazione di gas e odori molesti - ha spiegato il medico - Ma dalla semplice ’molestia’ visiva e olfattiva si può facilmente passare al pericolo di infezioni”.

Un anno più tardi, sempre interpellato sul tema da Adnkronos, è intervenuto nella discussione anche Roberto Bertollini, componente del Comitato scientifico Ambiente e salute dell’Unione Europea ed ex direttore dell’OMS a Roma.

Le montagne di rifiuti abbandonati in modo incontrollato fuori dai cassonetti nella Capitale che macerano sotto il sole - è l’allarme di Bertolini - costituiscono un rischio per la salute legato alla proliferazione di parassiti e alla possibilità della diffusione di malattie infettive se c’è il contatto con le persone”.

Per l’esperto “in più in queste condizioni di degrado prolifera la popolazione di roditori e di insetti, che possono essere vettori di altre patologie. Meglio stare attenti quindi se si cammina in prossimità dei cassonetti, soprattutto con i passeggini”.

Tracciando una sorta di bilancio, l’allarme sanitario a Roma legato ai rifiuti è un tema di cui si discute da tempo, ma come ci hanno spiegato il dottor Di Rosa e il dottor Magi al momento l’emergenza è igienica ma non sanitaria, anche se - come il Covid ci ha insegnato - bisogna essere pronti a qualsiasi evenienza vista la gran quantità di immondizia che continua a stazionare lungo le vie della città.

Di chi è la colpa?

Come noto la differenziata a Roma stenta a decollare, con più della metà dei rifiuti giornalmente prodotti nella Capitale che di conseguenza è indifferenziata.

Questi rifiuti vengono trattati nei due TMB (Trattamento Meccanico-Biologico) di Malagrotta, che tuttavia non riescono a smaltire tutta l’immondizia che arriva: parte dell’indifferenziata e gli scarti generati dagli impianti vanno comunque portati in discarica.

Ogni giorno i camion sono costretti così a portare i rifiuti fuori Comune e Regione, ma da giugno due impianti in Toscana sono fermi mentre con altre discariche sono scaduti i contratti. Queste problematiche hanno portato alla nuova emergenza, con la raccolta dell’immondizia più lenta rispetto agli scorsi mesi.

Nel bollettino 2020 della Regione Lazio sui rifiuti, si legge che al 2017 in tutto il territorio erano attivi 18 centri di compostaggio, 7 TMB, 1 inceneritore e 4 discariche. In questi anni, alcuni di questi siti sono stati chiusi anche a causa di inchieste giudiziarie.

Di recente il Campidoglio con una nota ha attaccato il presidente Nicola Zingaretti, facendo un paragone con la Lombardia che invece può contare su “10 discariche, 64 centri di compostaggio e 11 TMB”.

Appurata la necessità di avere a disposizione una nuova discarica, in attesa che entro il 2024 vengano realizzati un TMB e due impianti di compostaggio come previsto dal nuovo piano industriale, l’attuale braccio di ferro tra Regione e Comune è tutto sul luogo idoneo ad accogliere i rifiuti.

Per Nicola Zingaretti la nuova discarica deve essere nel territorio comunale mentre Virginia Raggi, dopo il passo indietro sull’ipotesi Monte Carnevale, non ha indicato nessun luogo in quanto non ce ne sarebbero di idonei all’interno dei confini comunali.

Lo scorso 15 luglio il Ministero della Transizione Ecologica, che ha in mano il dossier su richiesta di Zingaretti, ha dato sostanzialmente ragione al Campidoglio: non esistono “aree bianche”, idonee alla realizzazione di discariche, nel territorio del Comune di Roma. Per il MITE le uniche aree bianche sono a Magliano Romano, quindi in provincia.

La soluzione momentanea individuata da Virginia Raggi, in qualità di sindaco della Città Metropolitana, è quella della riapertura della discarica di Albano, chiusa dal 2016 e che da inizio agosto è tornata a ricevere i rifiuti della Capitale.

proteste discarica Albano

Albano riapre a causa dell’indifferenziata che a Roma, invece che diminuire, è aumentata - è stato il commento a Money.it da parte del consigliere regionale dei Verdi Marco Cacciatore - Virginia Raggi si è presa un grosso rischio, visto che ci sono dei valori ambientali preoccupanti”.

Nel suo programma elettorale del 2016, Virginia Raggi nel capitolo Rifiuti aveva indicato tre priorità.

  • Piano di efficientamento di AMA
  • Estensione della raccolta differenziata domiciliare in tutta la città, in base alle specifiche caratteristiche dei quartieri
  • Programma di manutenzione ordinaria e straordinaria degli impianti di trattamento dei rifiuti urbani indifferenziati e realizzazione di nuovi impianti per i rifiuti urbani differenziati.

Dopo cinque anni, considerando anche tutte le altre buone intenzioni presenti nel programma, poco di quello che era stato promesso in sede di campagna elettorale dalla sindaca appare essere stato fatto, con la differenziata e il porta a porta ferme al palo.

Tra richieste incrociate di commissariamento, rimpalli di responsabilità ed esigenze politiche inevitabilmente non trascurabili viste le elezioni che incombono, a Roma la questione rifiuti appare essere al momento una autentica sciarada: in periodo di pandemia, anche questo allarme sanitario non può essere trascurato.

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