Da contratto full time a part-time: quando è necessario il consenso del lavoratore

Teresa Maddonni

26 Dicembre 2019 - 12:00

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Vediamo perché è necessario il consenso del lavoratore per il passaggio da contratto full time a part-time. Vediamo anche i casi in cui il tempo parziale è un diritto del dipendente.

Da contratto full time a part-time: quando è necessario il consenso del lavoratore

Può avvenire il passaggio da contratto full time a contratto part-time senza il consenso del lavoratore? La risposta è no e stabilirlo è una sentenza della Cassazione.

Il contratto di lavoro part-time rispetto al full time prevede, come ricorda la parola stessa, un minor numero di ore lavorate cui corrisponde ovviamente uno stipendio minore.

Il salario infatti è proporzionato al tempo in cui il lavoratore effettivamente lavora come stabilito da contratto. Abbiamo già visto che non si può licenziare un lavoratore che rifiuti la riduzione dello stipendio se non sussistono ragioni economiche sufficienti da parte dell’azienda.

Vediamo perché non si può costringere, senza consenso, un lavoratore ad approvare la riduzione dell’orario di lavoro e se si può licenziare chi rifiuta il part-time.

Da full time a part-time: perché serve il consenso del lavoratore

Per il passaggio del contratto di lavoro da full time a part-time è necessario il consenso scritto del lavoratore. A stabilirlo una sentenza della Corte di Cassazione (n. 1375/1) del 19 gennaio 2018 che chiamava proprio in causa un caso della fattispecie che stiamo considerando.

Abbiamo visto qual è, sulla base degli ultimi dati disponibili del Censis, il vero motivo dell’aumento dei contratti part-time in Italia.

Alla base dell’aumento dei contratti di tipo part-time involontario vi è probabilmente la volontà da parte del datore di lavoro di voler pagare meno i lavoratori. Il lavoratore con contratto a tempo parziale potrebbe lavorare più ore come i colleghi con contratto full time, ma potrebbe percepire del denaro fuori busta per le ore non previste dal suo contratto.

Questo comporta che ferie, malattia, contributi e Tfr vengono calcolati non sulle ore effettivamente lavorate, ma solo su quelle stabilite dal contratto part-time.

Il lavoro part-time spesso nasconde la piaga del lavoro nero motivo per cui il consenso del lavoratore nel cambio di tipologia contrattuale è fondamentale.

Con la sua sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che il passaggio da full time a part-time non può avvenire senza il consenso del lavoratore, un consenso che tra le altre cose deve essere stabilito in forma scritta. Non può essere quella della trasformazione del contratto una decisione presa unilateralmente dal datore di lavoro.

Essendo una modifica del contratto a tutti gli effetti è necessaria una nuova manifestazione di volontà da parte del dipendente che deve essere posta nero su bianco.

La legge, e in particolare l’articolo 5 del D.lgs 61/2000 stabilisce che il rifiuto da parte del dipendente di una riduzione delle ore di lavoro e quindi del passaggio da contratto full time a part-time non può avere come conseguenza il licenziamento per giustificato motivo.

A confermarlo è anche una sentenza della Cassazione del 2006. Necessitando di accordo tra le parti la semplice deduzione da parte del datore di lavoro di una volontà del lavoratore di volere un part-time sulla base di comportamenti da questo assunti, non rappresentano motivo valido per il passaggio al contratto a tempo parziale senza consenso scritto del dipendente. Vediamo quali sono invece i casi in cui il lavoratore che lo richiede ha precedenza sui colleghi per il passaggio da full time a part-time.

Quali lavoratori hanno la precedenza per il passaggio da full time a part-time

Oltre a quando vi è un consenso esplicito in forma scritta da parte del lavoratore per il passaggio da contratto di lavoro full time a part time, la legge stabilisce dei casi che hanno la precedenza per la conversione al tempo parziale. In alcuni casi il lavoratore che ne faccia richiesta ha la precedenza sugli altri colleghi per ridurre il monte ore di lavoro:

  • se ha un coniuge, figlio o genitore con malattie oncologiche;
  • se assiste una persona convivente che abbia una percentuale di invalidità pari al 100% e necessiti di un’assistenza continua;
  • se ha un figlio convivente (fino a 13 anni);
  • se ha un figlio convivente con disabilità.

Nel caso in cui il lavoratore che ha ottenuto il part-time faccia richiesta per un ritorno alla situazione precedente ovvero al contratto a tempo pieno, egli ha precedenza sulle nuove assunzioni full time.

Non solo una priorità, vediamo quali sono i casi in cui invece vi è il vero e proprio diritto del lavoratore per il passaggio al tempo parziale.

I lavoratori che hanno diritto al passaggio da full time a part-time

Vi sono dei casi di lavoratori in cui il passaggio a un contratto di lavoro part-time è un diritto e non solo una priorità sugli altri colleghi che ne fanno richiesta.

Il lavoratore ha diritto al tempo parziale quando:

  • è affetto da gravi malattie oncologiche o degenerative che necessitano di una riduzione dell’orario di lavoro e delle mansioni. A stabilirlo è una commissione presso la Asl territorialmente competente;
  • è una donna sotto protezione perché vittime di violenza di genere.

Questi lavoratori, qualora ne facciano richiesta, hanno anche diritto a tornare al precedente contratto di lavoro full time.

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# Lavoro

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