Da Evergrande agli interventi regolatori di Pechino, si può ancora investire in Cina?

Roberto Donzelli

11 Settembre 2021 - 18:00

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Il mercato azionario cinese è stato un campo minato nell’ultimo periodo, tra difficoltà aziendali ed interventi governativi. Vale ancora la pena investirci?

Da Evergrande agli interventi regolatori di Pechino, si può ancora investire in Cina?

Non c’è dubbio che nell’ultimo anno la Cina non sia stato un mercato facile per gli investitori.

Se dalla fine del 2018 ai massimi dello scorso febbraio l’indice cinese ha dato agli investitori una performance del +120% (in euro), di cui un +70% solo nel periodo marzo 2020 - febbraio 2021, le cose sono cambiate abbastanza negli ultimi mesi.

Due cose hanno impattato particolarmente sull’indice del Dragone. Da un lato gli interventi del governo di Pechino, dall’altro le difficoltà di alcuni grandi gruppi cinesi, hanno minato non poco il mercato cinese.

Ma vediamo nel dettaglio questi aspetti.

Il governo di Pechino non ha certo favorito gli investitori

Tutto il boom cinese dagli anni ’90 in poi è stato anche sostenuto da un governo e una politica che è stata piuttosto favorevole per gli investimenti e gli investitori. Pur restando un governo «comunista», di fatto la politica cinese in economia è stata molto favorevole agli imprenditori e di questo hanno anche beneficiato gli investitori internazionali.

Tuttavia, nell’ultimo anno il vento sembra un po’ cambiato e si sono moltiplicati gli interventi del governo su interi settori e aziende.

Non serve in questa sede fare un lungo elenco, ma possiamo prendere due casi emblematici recenti.

Il primo è stato il fatto che secondo il governo cinese l’educazione non deve più essere «for profit». Sono state vietate le lezioni extrascolastiche nei weekend e nelle feste nazionali, alle autorità locali è stato «fortemente raccomandato» di non concedere nuove licenze alle società di formazione private e, per quanto riguarda le aziende che già operano, si dovranno convertire in enti no-profit. Della formazione, insomma, si occuperà direttamente lo stato.

Un impatto notevole sulle molte società private e anche sulle diverse quotate di questo settore, che in poche sedute hanno perso gran parte della loro capitalizzazione.

Il secondo intervento recente ha impattato invece su un altro settore molto importante, quello internet.

Il governo è «molto preoccupato» del fatto che bambini e adolescenti siano troppo «addicted» ai videogames e giochi on line. Pechinoha introdotto una legge che impone alle società di gaming online di permettere l’accesso ai minori solo un’ora al giorno il venerdì, sabato e domenica, limitando di fatto il gaming a sole tre ore settimanali. Inoltre, molto probabilmente saranno ridotte le approvazioni di nuovi giochi, rendendo più difficile alle aziende mettere sul mercato nuovi prodotti.

Questa è poi la punta dell’iceberg relativamente agli interventi sul settore tech. Il risultato, comunque, è che i titoli del settore, tra cui i colossi Tencent e NetEase, hanno subito un crollo delle quotazioni. Ad esempio, NetEase a New York dal massimo di febbraio è scesa fino al -40%.

La crisi di alcuni grandi gruppi, il caso Evergrande

Parallelamente agli interventi del governo, a minare il mercato cinese è arrivata anche la crisi di alcuni grandi gruppi.

L’ultimo e, probabilmente, quello più pericoloso, è il caso Evergrande.

Questa società è il più grande «property developer» cinese (e uno dei maggiori al mondo). Il suo modello di business prevede la vendita di appartamenti generalmente con un pagamento anticipato e la copertura del residuo fabbisogno finanziario per coprire il completamento dei progetti tramite emissione di debiti a breve (commercial paper), poi estinti progressivamente con l’ulteriore vendita degli appartamenti.

Ora, però, la società sta fronteggiando una vera e propria crisi di liquidità. Anche qui i problemi sono arrivati dai nuovi regolamenti di Pechino, che lo scorso anno ha imposto ai developer nazionali di ridurre i propri livelli di debito che iniziavano a essere preoccupanti.

Quando parliamo del debito Evergrande parliamo di circa 90 miliardi di dollari e questo livello è persino il frutto di una riduzione del 20% a un anno dall’introduzione delle nuove regole.

Ora, però, le riduzioni successive sono sempre più difficili.

Infatti, la riduzione del debito impedisce all’azienda di intraprendere nuovi progetti, ma senza nuovi progetti è a sua volta difficile ripagare (e ridurre) i debiti in scadenza. E ormai la voce di un possibile default è molto insistente. Questo avrebbe anche un effetto a catena su investitori e banche che detengono il debito di questa società, oltre a una crisi di fiducia generale.

Cina, un mercato sempre più pericoloso, ma...

Non c’è dubbio che la Cina sia ora un mercato azionario alquanto rischioso. Del resto, per quanto grande la Cina resta sempre un Paese emergente e il maggior rischio è insito nella sua natura. Un portafoglio, quindi, non può essere troppo esposto su questo, come su altri mercati emergenti.

Al tempo stesso, però, c’è anche da segnalare che le azioni cinesi, quando decidono di salire, salgono. Tanto e in poco tempo. Già all’inizio di questo articolo abbiamo detto di un rialzo del 70% in meno di un anno dallo scorso marzo al febbraio 2021. In passato ci sono stati rimbalzi anche molto più corposi.

Quindi, sebbene non bisogna eccedere nel peso da dare a questo mercato, sarebbe un errore anche escluderlo completamente dal portafoglio. Come sempre, la cosa migliore è usare buon senso e avere un portafoglio bilanciato. E in questo portafoglio bilanciato, un ETF cinese o mercati emergenti (dove la Cina pesa tanto) può e deve sicuramente trovare posto.

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