Coronavirus: bisogna conservare lo scontrino della spesa. Bufala o verità?

Isabella Policarpio

26/03/2020

28/05/2021 - 16:05

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Multe salate per chi non conserva lo scontrino come prova di essere usciti a fare la spesa. L’audio WhatsApp sta facendo il giro dell’Italia, ma non c’è niente di vero. Si tratta dell’ultima bufala sul coronavirus.

Coronavirus: bisogna conservare lo scontrino della spesa. Bufala o verità?

Non esiste alcuna norma che impone di conservare gli scontrini della spesa al supermercato o in farmacia come prova da mostrare alle Forze dell’ordine. L’audio che da qualche giorno circola su WhatsApp è una completa bufala - l’ennesima - con lo scopo di confondere ancor di più i cittadini su cosa si può fare e cosa, invece, è vietato.

Nell’ultimo decreto con le misure anti-COVID-19, difatti, non vi è nessun riferimento a scontrini e fatture, ma solo l’inasprimento delle sanzioni per chi esce di casa senza comprovati motivi di salute, lavoro, necessità (come appunto fare la spesa) e assoluta urgenza. Smentita anche la notizia che le misure di contenimento sarebbero durate fino all’estate: il 31 luglio è soltanto un termine indicativo, e Conte ha assicurato che le restrizioni finiranno molto prima.

Nella nota audio in questione, una donna afferma che l’obbligo di conservare lo scontrino gli è stato confermato da un amico ex maresciallo dei Carabinieri, e che senza la “prova” della spesa si è esposti alla sanzione pecuniaria. Una bufala davvero ben architettata stavolta, ma ribadiamo che non c’è nulla di vero. Attenzione, quindi, a non diffondere la notizia generando una vera e propria catena di sant’Antonio. Falso anche il volantino del Ministero in cui si invita i non residenti ad abbandonare l’edifizio e a recarsi nell’immobile di residenza.

Obbligatorio conservare gli scontrini della spesa, bufala o verità? Cosa dice il decreto

Dai leoni liberati in Russia alla “miracolosa” vitamina C, le bufale sul coronavirus stanno facendo il giro del Web, e alcune sono congegnate così bene da sembrare proprio vere. È il caso dell’ultima fake news che da qualche giorno circola su WhatsApp. Si tratta di una nota audio in cui una donna racconta di essere stata fermata dalla Polizia che le avrebbe chiesto di mostrare lo scontrino come prova che fosse realmente uscita di casa per fare la spesa. La donna esegue quanto richiesto, ma la cosa la insospettisce, per questo chiede spiegazioni ad un fantomatico amico ex carabiniere che conferma l’accaduto. Non solo, secondo l’ex maresciallo, l’obbligo di mostrare lo scontrino è espressamente contenuto del decreto n.19 del 25 marzo, e chi non consegna la ricevuta della spesa alle Forze dell’ordine rischia una multa salatissima. Ma non è così: ripetiamo che si tratta di una notizia falsa e che il Governo non ha mai stabilito quest’obbligo nell’ultimo decreto e tantomeno nei precedenti.

Cosa dice (veramente) l’ultimo decreto

Possiamo stare tranquilli, quindi, che non è necessario conservare gli scontrini della spesa. Ma questo non significa che i controlli delle Forze dell’ordine siano meno severi, anzi sono stati aumentati i posti di blocco, chiamando in campo anche l’Esercito. Chi esce di casa senza motivo di salute, lavoro, necessità e assoluta urgenza rischia una multa che va 400 euro fino a 3000 euro; sanzione aumentata di un terzo se il fatto è commesso in auto e del doppio in caso di infrazioni reiterate. Fare la spesa è sempre consentito nei limiti del buonsenso: bisogna uscire un membro a famiglia, evitare gli assembramenti e rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro sia in coda che dentro il supermercato.

Come tutelarsi della bufale, sul coronavirus e non solo

Riconoscere le notizie vere da quelle false non è sempre facile, tuttavia ci sono dei “campanelli d’allarme” che possono suggerire che si tratta di una bufala. E questo vale sia per il coronavirus che per ogni altra situazione.

Innanzitutto la fonte: le catene di sant’Antonio, sia per email che su WhatsApp, sono in genere uno dei mezzi preferiti da chi diffonde le fake news. In questo modo, infatti, le notizie possono essere divulgate su larghissima scala e in tempi molto brevi, cosa che favorisce il panico sociale.

In secondo luogo la vaghezza delle informazioni: quindi riferimenti indeterminati (“me lo ha detto un amico di un amico”) che non citano con esattezza fatti e persone. Terzo e ultimo indizio, la portata della notizia: cure miracolose, opportunità di guadagnare grandi cifre di denaro o pericolo di multe salate e conseguenze penali (come in quest’ultimo caso).

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