Alla Cernobbio cinese, Xi lancia un’Opa sul mondo. Che pensa sia solo redwashing

Mauro Bottarelli

6 Settembre 2021 - 07:30

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Il Finance Annual Forum mostra i muscoli al mercato, sfidandolo sul suo stesso terreno. Ma con altre regole. Il capitalismo manipolato da Qe sarà il cavallo di Troia con cui Marx tenta la rivincita?

Alla Cernobbio cinese, Xi lancia un’Opa sul mondo. Che pensa sia solo redwashing

Il China International Finance Annual Forum ha scontato mediaticamente la contemporaneità con quello di Cernobbio, inutile negarlo. Nemmeno una riga sui giornali, né una parola nei tg. Questo nonostante il simposio economico del Dragone abbia apparecchiato una tavola di argomenti degna di un banchetto pantagruelico.

A cominciare dall’aperitivo, preparato dai regolatori di mercato cinesi il giorno precedente con il blocco della scappatoia regolamentare per garantire Ipo negli Usa, a Hong Kong o al di fuori dei confini nazionali ad aziende cinesi, i cui assets per legge non posso avere proprietà estera. Il loop-hole in questione fa riferimento all’acronimo VIE, ovvero Variable Interest Entity, di fatto aziende-guscio domiciliate alla Cayman o in altri paradisi fiscale che operano come Spac-ombra per la quotazione su piazze finanziarie straniere. Finora, tutti sapevano ma chiudevano un occhio. Ora la musica cambia. Anzi, è già cambiata.

Perché già alcune start-ups che avevano presentato domanda alla National Development and Reform Commission di Shanghai per iniettare denaro nelle loro shell-companies estere, si sono viste rigettare e bloccare la pratica. E questi due grafici

Numero di IPO cinesi a Wall Street Numero di IPO cinesi a Wall Street Fonte: Statista
Numero di IPO europee a Wall Street Numero di IPO europee a Wall Street Fonte: Bloomberg

mostrano plasticamente il valore finanziario, politico e simbolico dell’ultima mossa compiuta dai regolatori del Dragone in seno a uno dei comparti di mercati più caldi degli ultimi anni. Soprattutto se letta come implementazione della politica di ritorsione a specchio nei confronti della Sec per quanto riguardo le minacce di de-listing di titoli cinesi. E nel pieno di una dinamica come quella rappresentata in questo grafico:

Comparazione fra Nasdaq e All China Equity Comparazione fra Nasdaq e All China Equity Fonte: Bloomberg

totale disconnessione fra il mercato equity Usa, praticamente in orbita e quello del Dragone, ormai da mesi in piena correzione non tanto di legata ai fondamentali (lunari ovunque), quanto proprio alle mosse politiche del Partito.

Due players di pari potenza, di fatto in contrapposizione per spartirsi il mondo, non possono vedere i propri mercati azionari operare in un regime di sconnessione tale. Qualcuno è destinato a farsi male, quantomeno nel duro scontro con la realtà. Prima la mannaia sul comparto tech, poi quella sul tutoring on-line, poi il gaming on-line, in ultima istanza un primo giro di vite sul private equity nel comparto immobiliare residenziale. Il tutto, in nome della politica di Prosperità comune lanciata da Xi Jinping e già divenuta la base per la nuova lunga marcia, tanto da essere studiata come materia dell’obbligo nelle scuole cinesi. Redistribuire ricchezza, riportare il popolo alla guida del Paese, obbligare chi ha avuto di più a ricompensare la società.

Prossime tappe? Riforma dei tariffari delle prestazioni sanitarie, al fine di mantenere il diritto alla salute un bene alla portata di tutti. E anche in questo caso, i fatti sono andati di pari passo con le parole: il 1 settembre, giusto in tempo per un battesimo ufficiale al Forum di Pechino, le autorità sanitarie del Paese hanno annunciato la creazione di un meccanismo di calcolo e cap per i prezzi delle cure ospedaliere e ambulatoriali, oltre che una revisione dei tariffari sui farmaci. Di fatto, altro settore strategico che rischia di pagare un conto salato alla rivoluzione di Xi, nonostante più di un analista faccia notare come i cambiamenti saranno introdotti gradualmente e non tutti in un colpo, stante appunto la delicatezza del comparto in cui si va a intervenire.

Ma ecco subentrare il primo, grande errore di valutazione dell’Occidente rispetto a quanto sta avvenendo: pensare che il mercato, unico Dio regolatore del mondo, sia ancora libero e per questo si ritorcerà contro questa stagione di costrizioni e divieti - dopo le indigestioni di debito e bolle azionarie e creditizie del recente passato -, costringendo Xi Jinping a una rapida marcia indietro. Magari a furor di popolo, se la Borsa dovesse perdere ancora. Questo grafico parla chiaro:

Flussi di capitali verso il mercato cinese Flussi di capitali verso il mercato cinese Fonte: Bloomberg

nonostante la correzione drastica dei corsi e la minaccia più che concreta di un’azione regolatoria della politica appena cominciata, i flussi di capitali verso la Cina non si sono affatto prosciugati. E se alcuni osservatori hanno evidenziato l’outflow da 11 miliardi di yuan nelle sole giornate del 19 e 20 agosto come reazione ai timori verso il taper della Fed, giova notare come il mese appena terminato abbia segnato un inflow totale pari a 26,9 miliardi di yuan (4,2 miliardi di dollari), il massimo da tre mesi.

E non basta. Perché dal China International Finance Annual Forum sono emerse altre due novità. La prima è appunto la conferma ufficiale di una nuova stagione di regole e supervisione più stringente, poiché nel suo intervento al simposio, il vice-governatore della Banca centrale cinese (Pboc), Chen Yulu, ha dichiarato che a partire già dalle prossime settimane aumenteremo l’efficacia e la professionalità della nostra regolamentazione finanziaria, costruendo tutti i tipi di firewalls possibili e necessari al fine di prevenire risolutamente rischi sistemici. La seconda è sintetizzabile in questa frase di David Loevinger, ex coordinatore senior per gli Affari con la Cina del Tesoro Usa, interpellato da Bloomberg riguardo il recente salvataggio di Huarong e il conseguente destino da attendersi per Evergrande. Alla domanda se esistano ancora entità too big to fail per il governo di Pechino, la sua risposta è stata: Oggi come oggi, una frase del genere non si può più dire con il 100% di certezza.

Il tutto perché, proprio dopo il bail-out statale gestito attraverso un consorzio capitanato da Citic Group, proprio la bad bank ha annunciato una vendita on-line di assets per un controvalore di 58,8 miliardi di dollari, al fine di tentare di raddrizzare la barca con le proprie forze. E al netto della garanzia dello Stato. La stessa Bloomberg ha definito l’operazione, largest-of-its-kind online debt sale. E se questo grafico

Indebitamento in dollari (via bond) dei colossi cinesi Indebitamento in dollari (via bond) dei colossi cinesi Fonte: Bloomberg

mostra l’esposizione debitoria delle prime dieci aziende cinesi, una conferma del cambio di registro arriva anche da Sergey Dergachev, senior portfolio manager alla Union Investment di Francoforte: I giorni dei salvataggi garantiti in Cina sono finiti. L’assunto in base al quale lo Stato salva comunque tutti non è più valido.

E alla luce di tutto questo, ecco emergere il peccato originale di un Occidente che mostra sempre più platealmente la propria lettera scarlatta: un principio di supposta e arrogante superiorità morale, culturale e politica che continua a derubricare quanto sta accadendo in Cina a mera fase transitoria di un massimalismo tipico delle dittature comuniste. Transitoria, come l’inflazione. Per il mondo libero, la Cina sta unicamente operando un red-washing, al fine di cementare un consenso popolare che le crescenti disparità del periodo pre-Xi avevano acuito. In contemporanea con l’apertura al mercato, proprio in ossequio alla globalizzazione imperante dell’epoca e alla rincorsa di Pechino verso l’inclusione nel club dei Paesi che contano e che vantano economie non centralizzate.

Ora il paradigma è cambiato. Anzi, il cambiamento è cominciato con il crollo Lehman e il conseguente inizio del Qe perenne. Xi Jinping ha solo capito che i tempi erano maturi per combattere il nemico con la sua stessa arma: il mercato. Il quale, fino a quando era realmente impostato su canoni di liberismo più o meno spinto, vedeva la Cina costretta a salti mortali per tenersi in equilibrio fra impostazione comunista e propensione all’apertura liberale. Oggi, invece, il Qe perenne ha livellato il mondo: il mercato è manipolato ovunque. Ecco, quindi, subentrare la mossa del cavallo della stretta regolatoria e della nuova politica di Prosperità comune, prima avanguardia di una paradossale rivincita marxista esercitata giocando sul campo avversario. E in base alle sue regole.

E, di fatto, tanto a somma zero a livello di conseguenze internazionali, quanto win-win sul fronte interno. Un mondo che manipola sistemicamente, infatti, non può permettersi il lusso di condannare chi esagera con le regole per limitare quegli abusi. Financo se la sua operazione rispondesse unicamente a finalità ideologiche e di consenso. Xi Jinping ha lanciato la sua Opa sul mondo, il Forum di Pechino ne ha dato l’annuncio. In effetti, meglio concentrare l’attenzione su Cernobbio.

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