Brexit, inizia la settimana decisiva: accordo in arrivo?

Pierandrea Ferrari

23 Novembre 2020 - 13:20

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I negoziati tra Unione europea e Regno Unito entrano in una fase calda. Accordo in arrivo? Ecco il punto sulla trattativa.

Brexit, inizia la settimana decisiva: accordo in arrivo?

Inizia la settimana decisiva per quanto riguarda la Brexit, il processo di fuoriuscita del Regno Unito dall’Unione europea in conformità con i risultati del referendum del 2016.

I negoziati tra Londra e Bruxelles procedono spediti, ma rimangono ancora dei nodi da sciogliere per arrivare a dama. A poco più di un mese dal termine ultimo fissato dalle parti, due sono gli scenari: un accordo basato su un compromesso o un “no deal” che determinerebbe un’uscita disordinata del Regno Unito dopo quarantacinque anni di rapporti con l’Unione europea.

Brexit, settimana decisiva: cosa manca per raggiugere un accordo?

Non è di certo la prima volta che i responsabili della trattativa sull’asse Londra-Bruxelles prospettano una prossima conclusione dei negoziati. Recentemente era stato il Primo ministro Boris Johnson ad indicare il 15 ottobre come data limite per delineare i futuri rapporti commerciali tra le parti.

La complessità della trattativa – in ballo ci sono interessi economici e politici di rilievo – ha tuttavia costretto il Regno Unito e l’Unione europea a proseguire nei negoziati, così come era successo ogniqualvolta qualcuno aveva tentato di imporre un termine ultimo per tirare le somme.

Ma ad incombere c’è ora il 31 dicembre. Data, questa, improrogabile: entro la fine dell’anno i vertici dell’Ue e il Governo britannico dovranno infatti dare seguito a quel “aut aut” imposto dalla Brexit. O di qua o di là, o un accordo o niente accordo.

A rasserenare gli animi sulla possibilità di un esito positivo delle trattative ci ha pensato la scorsa settimana Ursula von der Leyen, Presidente della Commissione europea, che in un’intervista ha parlato di “ulteriori progressi” nei negoziati.

Allo stato attuale, sono tre gli ostacoli che impediscono alle parti di chiudere la partita: i diritti di pesca, l’arbitro delle future dispute tra Londra e Bruxelles e la questione relativa agli aiuti di Stato. Nodi, questi, che il lungo negoziato tra Unione europea e Regno Unito dovrebbe alla fine sciogliere, sebbene la trattativa in questione abbia riservato non poche soprese negli ultimi quattro anni.

Sullo sfondo anche le dimissioni del consigliere del Governo inglese Dominic Cummings, sostenitore della prima ora della Brexit. Il rimpasto dei consiglieri aveva portato alcuni osservatori a prefigurare un cambio di rotta da parte di Downing Street, ma a fugare i dubbi ci hanno pensato i portavoce di Boris Johnson, che interrogati sulla questione hanno chiosato: “Le dimissioni di Cummings non faranno cambiare linea sulla Brexit”.

“No a un accordo ad ogni costo”, parla il cancelliere inglese Rishi Sunak

Dall’altra parte della Manica alcuni protagonisti della politica inglese continuano a spronare il Governo a mantenere una posizione di intransigenza nei negoziati. Tra questi Rishi Sunak, cancelliere dello scacchiere, che in un’intervista rilasciata alla BBC ha rivelato:

“Il Regno Unito non dovrebbe accettare un accordo ad ogni costo. Penso che siamo stati ragionevoli nelle nostre richieste e trasparenti, durante i negoziati, su quello che è importante per noi. Noi prospereremo in qualsiasi eventualità”.

Tra i sudditi della Corona, d’altronde, non sono in pochi a considerare l’attuale minaccia del coronavirus come la priorità a cui dedicare ogni energia economica e politica, relegando sullo sfondo le trattative in corso. Sunak ha aggiunto:

“Nel breve termine penso che sarebbe preferibile avere un accordo sulla Brexit. Tuttavia, ritengo che l’impatto economico più rilevante il prossimo anno non verrà da lì, ma dalla pandemia”.

Parole, queste, condivise da alcuni rami della politica inglese, ma in aperto contrasto con quanto evidenziato dalle analisi della London School of Economics di Londra, che a settembre ha rivelato di prevedere un impatto economico tre volte maggiore dal “no deal” rispetto a quello registrato durante la pandemia di quest’anno.

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