Bancarotta fraudolenta e semplice: cosa si rischia?

Isabella Policarpio

11 Giugno 2019 - 12:45

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Cosa si rischia per il reato di bancarotta? Il nostro ordinamento prevede due fattispecie: bancarotta semplice e fraudolento. Ecco la disciplina.

Bancarotta fraudolenta e semplice: cosa si rischia?

Cos’è la bancarotta fraudolenta? Cosa di rischia?

Il reato di bancarotta è quello commesso dall’imprenditore che, a seguito di fallimento, lascia i creditori insoddisfatti. L’ordinamento prevede due fattispecie:

  • bancarotta semplice, se commessa a titolo di colpa;
  • bancarotta fraudolenta, se commessa con dolo.

Si tratta di un reato che ha origini molto antiche: questo termine deriva dall’abitudine diffusa nel Medioevo di rompere il tavolo, la panca o la cassa del banchiere insolvente. Bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice sono contenuti rispettivamente negli articoli 216 e 217 della Legge fallimentare del 3 luglio del 2016 e infatti sono imprescindibilmente connessi al fallimento dell’imprenditore.

La bancarotta è punita sia con la pena detentiva che con altre pene accessorie come l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

Facciamo chiarezza analizzando nel dettaglio la disciplina della bancarotta e le differenze tra due condotte previste dalla Legge fallimentare.

Il reato di bancarotta

La bancarotta, nel nostro ordinamento giuridico, è il reato commesso da chi sottrae il proprio patrimonio dalle pretese dei creditori insoddisfatti e trova applicazione nell’ambito della disciplina del fallimento dell’imprenditore.

Il reato di bancarotta è stato introdotto per la prima volta in Italia con il Regio Decreto del 1942 che ha istituito le procedure fallimentari ed ha subito diverse modificazioni, la più consistente da parte della Legge fallimentare del 3 luglio 2016. Questa fattispecie delittuosa appartiene alla categoria dei reati contro la proprietà in quanto va a ledere le garanzie che i creditori hanno sul patrimonio del debitore.

Esistono due tipologie di bancarotta in base all’elemento psicologico che muove il soggetto agente:

  • la bancarotta semplice (ex articolo 217 della Legge fallimentare), il cui elemento psicologico è il dolo semplice o la colpa dell’imprenditore;
  • la bancarotta fraudolenta (ex articolo 216 della Legge fallimentare), il cui elemento psicologico è il dolo specifico dell’imprenditore, cioè la volontà di cagionare un danno ai creditori.

L’elemento costitutivo del reato di bancarotta è la dichiarazione giudiziale di fallimento dell’imprenditore commerciale o della società che si rendono penalmente responsabili a causa delle loro condotte.

In entrambi i casi il legislatore prevede sia la pena detentiva che diverse pene accessorie come ad esempio l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa. Inoltre sia per la bancarotta semplice che per quella fraudolenta ci può essere l’aumento della pena detentiva fino alla metà quando il danno cagionato è di notevole gravità, e l’aumento fino ad 1/3 se il colpevole non poteva esercitare l’attività di imprenditore commerciale. Viceversa, in entrambe le fattispecie la pena è diminuita fino ad ⅓ se il fatto è di particolare tenuità.

Andiamo ora a chiarire le differenze tra le due ipotesi delittuose.

Bancarotta semplice

Il reato di bancarotta semplice, previsto dall’articolo 217 della Legge fallimentare, si configura quando il soggetto o i soggetti dichiarati falliti procurano un danno ai creditori attraverso una condotta colposa, dunque per imprudenza, negligenza o imperizia.

Nonostante la non intenzionalità del danno, la bancarotta deriva da una gestione sconsiderata dell’attività imprenditoriale, in particolare l’imprenditore:

  • ha sostenuto delle spese sproporzionate rispetto alle concrete possibilità economiche;
  • ha compiuto operazioni finanziarie azzardate;
  • ha ritardato il fallimento aggravando la situazione;
  • non ha adempiuto le obbligazioni scaturite da una precedente procedura fallimentare;
  • non ha conservato le scritture contabili per i tre anni precedenti il fallimento.

Per il reato di bancarotta semplice il legislatore prevede come pena principale la detenzione da un minimo di 6 mesi ad un massimo di 2 anni (in base alla gravità dei fatti compiuti dall’imprenditore fallito) e come pene accessorie l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 2 anni, salvo l’applicazione di ulteriori pene accessorie se il giudice lo ritiene necessario.

Bancarotta fraudolenta

Il reato di bancarotta fraudolenta, previsto dall’articolo 216 della Legge fallimentare, si ha quando il soggetto o i soggetti dichiarati falliti danneggiano le pretese creditorie intenzionalmente. Infatti, affinché si possa configurare questa fattispecie delittuosa, l’imprenditore deve agire con dolo specifico: cioè la coscienza e l’intenzionalità di compiere delle azioni finalizzate a ledere i diritti dei creditori insoddisfatti.

In questo caso l’imprenditore commette una frode a tutti gli effetti, aggravando il proprio stato di insolvenza al punto da rendere impossibile - o quasi - soddisfare le pretese dei creditori.

Il reato di bancarotta fraudolenta si articola in tre distinte tipologie:

  • bancarotta fraudolenta per distrazione, quando l’imprenditore sottrae, nasconde o distrugge beni e altre risorse proprie o dell’azienda al solo scopo di privare i creditori delle garanzie patrimoniali;
  • bancarotta fraudolenta preferenziale, quando l’imprenditore paga solo alcuni creditori determinati danneggiando gli altri (in contrasto con il principio della pars conditio creditororum secondo cui tutti i creditori hanno i medesimi diritti sul patrimonio aziendale);
  • bancarotta fraudolenta documentale, quando l’imprenditore falsifica, sottrae o distrugge i libri contabili per procurare un ingiusto profitto a sé stesso e danneggiare i creditori.

Per questo reato il legislatore prevede come pena principale la detenzione da un minimo di un anno ad un massimo di 5 anni e come pene accessorie l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità di esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa per 10 anni, salvo l’applicazione di ulteriori pene accessorie se il giudice lo ritiene necessario.

Come cambia la bancarotta con l’attuale riforma del fallimento?

La riforma del fallimento voluta dal governo giallo-verde e recentemente approvata dal Consiglio del Ministri, prevede dei benefici penali in caso di bancarotta, sia semplice che fraudolenta, se l’imprenditore si attiva prontamente a segnalare la crisi aziendale.

Infatti, secondo l’articolo 324 della riforma, le disposizioni sul reato di bancarotta non si applicano alle operazioni compiute in esecuzione di concordato preventivo o altri accordi di ristrutturazione dei debiti. Questo significa che l’imprenditore beneficia di una causa di non punibilità qualora presenti tempestivamente l’istanza per accedere alle procedure concorsuali, ma solo per danni di lieve entità.

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# Reato

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