Avviso di accertamento: cosa fare?

Isabella Policarpio

14 Marzo 2019 - 10:37

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L’avviso di accertamento dell’Amministrazione finanziaria serve a segnalare al cittadino il mancato pagamento di una somma dovuta. Cosa fare e come reagire.

Avviso di accertamento: cosa fare?

Con l’avviso di accertamento l’Amministrazione finanziaria informa il contribuente del fatto che risulta debitore di una somma dovuta e non versata o versata in misura inferiore a quanto previsto.

L’avviso di accertamento ha ad oggetto somme dovute a titolo di imposta e viene emesso dall’ente statale legittimato a riscuotere il tributo, ad esempio il Comune per la riscossione dell’IMU e l’Agenzia delle Entrate per le imposte.

Il contribuente che riceve l’avviso può contestare quanto richiesto, rispettando termini e modi stabiliti dalla legge. Dunque, cosa fare quando si riceve un avviso di accertamento? Ecco una guida su come comportarsi per limitare i danni.

Cosa fare quando si riceve un avviso di accertamento?

Chi riceve un avviso di accertamento nella temuta “busta verde” deve innanzitutto prenderne piena cognizione analizzandone con cura il contenuto. L’avviso fa riferimento all’attività di verifica svolta dall’Amministrazione coinvolta, in relazione al tipo di tributo omesso o pagato in parte, con l’indicazione dell’importo che il contribuente è tenuto a versare. Inoltre vi sono indicati anche il termine per adempiere ed il termine per contestare gli addebiti quando il cittadino ritiene che la richiesta sia infondata.

Scendiamo nei particolari. Dopo la notifica, al contribuente vengono dati 60 giorni di tempo per ricorrere oppure per chiedere l’annullamento del provvedimento.

Quando non ci sono contestazioni il cittadino che riceve l’avviso deve pagare la somma indicata entro lo stesso termine - 60 giorni - così da evitare sanzioni ed interessi.

Tuttavia, se la richiesta è infondata o viziata in qualche sua parte, al contribuente sono concessi diversi modi per reagire. Vediamoli.

L’annullamento in via di autotutela

Per contestare il provvedimento dell’Amministrazione finanziaria, il contribuente può innanzitutto procedere all’annullamento in via di autotutela, quando la richiesta presenta dei vizi sufficienti a rendere l’atto nullo o annullabile.

Facciamo degli esempi: si può ricorrere ad autotutela quando l’avviso di accertamento viene notificato ad una persona sbagliata, difetta di una parte fondamentale (come l’indicazione dell’importo) o non è motivato.

In questi casi il contribuente può presentare istanza all’Amministrazione finanziaria e chiedere l’annullamento del provvedimento in via di autotutela. Per farlo non occorre rispettare precise formalità: basta fare presente i vizi contenuti nell’avviso di accertamento e chiedere esplicitamente l’annullamento.

Il ricorso giurisdizionale

Se l’annullamento in via di autotutela non viene accettato, il contribuente può a questo punto ricorrere al giudice.

Il ricorso va presentato alla Commissione Tributaria Provinciale che è indicata nell’avviso di accertamento, entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla notifica.

In questa sede il contribuente insieme all’avvocato di fiducia potrà porre all’attenzione della Commissione i vizi di carattere sostanziale e formale del provvedimento e chiedere l’annullamento.

In caso di soccombenza, quindi se il giudice riconosce la validità dell’avviso di accertamento, il contribuente sarà tenuto al pagamento della somma dovuta, delle spese di lite ed il versamento di ⅓ in più del tributo che è oggetto dell’accertamento.

Acquiescienza: la riduzione dell’importo

L’istituto dell’acquiscienza si ha quando il contribuente rinuncia ad impugnare il provvedimento ed ottiene in cambio la riduzione della somma che è tenuto a versare.

La riduzione va da un minimo di un ad un massimo di dell’importo contestato. Il versamento deve essere effettuato entro e non oltre il termine di 60 giorni dalla data di notifica dell’avviso di accertamento.

L’accertamento con adesione

Ultima azione possibile in caso di ricezione di avviso di accertamento è il c.d. “accertamento con adesione”. Questa soluzione consente al contribuente di evitare la lite con l’Amministrazione finanziaria e di definire gli importi dovuti in maniera pattizia.

In pratica si tratta di un accordo tra le parti che talvolta avviene anche prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, a patto che il contribuente scelga di non instaurare una lite presso la Commissione tributaria territoriale.

L’accertamento con adesione può essere promosso sia su iniziativa dell’Amministrazione finanziaria coinvolta che del contribuente e consente di ottenere la riduzione delle sanzioni contenute nell’avviso di accertamento.

Rateizzazione delle imposte

Dopo l’acquiescienza o accertamento con adesione, il contribuente può ottenere il pagamento rateizzato delle somme dovute. Se l’importo è inferiore a 5.000 euro la cifra può essere suddivisa in 8 rate trimestrali, mentre se è superiore si può arrivare ad un massimo di 16 rate trimestrali.

I versamenti che attengono le imposte dirette, l’IVA e l’Irap devono essere effettuati con il modello F24; i versamenti inerenti le imposte indirette, invece, tramite modello F23.

Il contribuente ha l’onere di inviare all’Amministrazione coinvolta la quietanza di avvenuto pagamento della prima rata, la quale si considera come accettazione del pagamento rateale.

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