Amministrative: quali sono le sfide decisive e cosa può cambiare dopo il voto

Alessandro Cipolla

8 Giugno 2022 - 11:14

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Domenica 12 giugno ci sarà il primo turno delle elezioni amministrative: da Genova a Palermo passando per Parma e Verona, ecco quali sono le sfide più importanti e come il voto per le comunali potrebbe cambiare il destino del governo Draghi.

Amministrative: quali sono le sfide decisive e cosa può cambiare dopo il voto

Sono circa 9 milioni gli italiani che domenica 12 giugno saranno chiamati alle urne per il primo turno delle elezioni amministrative, con il voto per le comunali che è stato accorpato con i cinque referendum sulla giustizia promossi dalla Lega e dai Radicali.

In totale in questa tornata delle elezioni amministrative si voterà in 978 comuni: tra gli appuntamenti più importanti ci sono quelli di Genova, Palermo, Verona, Padova, Taranto, Catanzaro e Parma.

Questo voto però appare delicato anche per altri motivi. Le amministrative 2022 infatti saranno l’ultimo grande appuntamento elettorale prima delle elezioni politiche che si terranno, da calendario, a marzo 2023.

L’esito delle comunali inoltre potrebbe condizionare pesantemente il prosieguo del governo, visto che non mancano le voci di possibili crisi con la data cerchiata con il circoletto rosso che è quella del 21 giugno quando, in vista del Consiglio europeo, Mario Draghi terrà le sue comunicazioni con il Senato e la Camera che poi dovranno votare l’insidiosa risoluzione di maggioranza.

Amministrative 2022: le sfide più delicate

Tra i ventisei comuni capoluogo interessati da queste elezioni amministrative, ben diciannove vedono come sindaco uscente un primo cittadino di centrodestra, cinque del centrosinistra e due indipendenti.

Tra gli appuntamenti più importanti, sia a Genova sia a Padova i rispettivi sindaci uscenti Marco Bucci (cdx) e Sergio Giordani (csx) potrebbero farcela già al primo turno a ottenere una riconferma.

Situazione molto più complessa a Palermo, dove è lecito attendersi un autentico testa a testa tra Roberto Lagalla (cdx) e Franco Miceli (Pd-M5s), con il centrista Fabrizio Ferrandelli sostenuto da Azione nei panni del possibile ago della bilancia anche se un ballottaggio non è così scontato visto che, in Sicilia, alle amministrative basta superare il 40% per essere eletti sindaco al primo turno.

Restando sempre in Sicilia, a Messina il grande favorito dovrebbe essere Federico Basile, il candidato dell’ex sindaco Cateno De Luca che ha scelto di dimettersi per correre alle elezioni regionali che si terranno in autunno.

A Parma il primo cittadino uscente Federico Pizzarotti, giunto al termine del suo secondo mandato, ha deciso di fare gioco di squadra con il Partito Democratico tagliando fuori di conseguenza il Movimento 5 Stelle. Il candidato del centrosinistra Michele Guerra dovrà guardarsi però dal ritorno sulla scena dell’ex sindaco di centrodestra Pietro Vignali che però non potrà contare sull’appoggio di Fratelli d’Italia, che si presenterà alle urne con Priamo Bocchi come candidato.

Le divisioni nel centrodestra potrebbero essere decisive anche a Verona . Lega e Fratelli d’Italia infatti stanno con il sindaco uscente meloniano Federico Sboarina, mentre Forza Italia appoggia l’ex primo cittadino Flavio Tosi. Al ballottaggio così potrebbe farcela Damiano Tommasi, con l’ex calciatore che è riuscito nell’impresa di mettere d’accordo tutto il centrosinistra.

Il centrodestra rischia anche nei tre capoluoghi lombardi chiamati al voto, Monza, Como e Lodi, tutti amministrati dalla coalizione, mentre c’è più fiducia per la riconferma di Pierluigi Peracchini a La Spezia e di Pierluigi Biondi a L’Aquila.

In Toscana invece il centrosinistra cercherà di mantenere la guida di Lucca, ma non sarà facile, oltre a riconquistare Pistoia dove Alessandro Tamasi di Fratelli d’Italia è alla ricerca di una riconferma dopo la storica vittoria alle elezioni amministrative del 2017.

Nonostante la recente sfiducia, il Partito Democratico avrebbe grande fiducia nella riconferma a Taranto di Rinaldo Melucci, mentre a Catanzaro le incognite riguardano tutte la spaccatura avvenuta nel centrodestra: tra Valerio Donato (Lega e Forza Italia), Wanda Marra (Fratelli d’Italia) e Antonello Talerico (centristi), chi spera nel colpaccio è Nicola Fiorita (Pd e 5 Stelle).

Cosa può succedere dopo il voto

Come abbiamo visto in queste elezioni amministrative sembrerebbero essersi accentuate le crepe all’interno del centrodestra, con la coalizione che si presenterà divisa in diversi capoluoghi con tanto di recente polemica a riguardo tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

Chi si gioca molto il prossimo 12 giugno è proprio Matteo Salvini, che rischia il flop di affluenza per quanto riguarda i referendum e di vedersi sorpassato da Fratelli d’Italia anche al Nord.

Una debalce della Lega potrebbe rafforzare l’ala governista del Carroccio, con l’ex ministro che a quel punto potrebbe essere tentato di giocarsi il tutto per tutto: un Papeete-bis per presentarsi alle politiche nella ben più comoda posizione di partito di opposizione.

Resta da capire poi quale sarà il futuro di Forza Italia: al momento Silvio Berlusconi ha ribadito la propria fedeltà alla coalizione, ma non è da escludere una fuga verso i lidi centristi per creare una sorta di terzo polo con Azione e Italia Viva.

Molto dipenderà anche dalla tenuta dell’alleanza tra il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle. In queste elezioni amministrative i giallorossi non sempre si presenteranno insieme, ma il vero banco di prova per questo asse saranno le elezioni regionali in Sicilia che si terranno in autunno.

Un pessimo risultato alle comunali potrebbe essere determinante però anche per l’appoggio del Movimento 5 Stelle al governo: il prossimo 21 giugno quando si voterà per la fornitura di armi all’Ucraina, i pentastellati potrebbero schierarsi contro nel caso in cui Giuseppe Conte fosse tentato dall’andare allo scontro frontale con Mario Draghi.

Difficile però che il governo Draghi possa andare a casa prima della scadenza naturale di questa legislatura, ma per il presidente del Consiglio sarà sempre più difficile tenere a bada una maggioranza ormai totalmente proiettata verso la campagna elettorale delle politiche.

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