Ambiente e clima, tutti bocciati: nessuno sta rispettando gli accordi di Parigi

Alessandro Cipolla

01/11/2021

01/11/2021 - 12:04

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Se il G20 è stato un flop sui cambiamenti climatici, anche la COP26 rischia di essere un buco nell’acqua: nel frattempo nessun Paese, Italia compresa, sta rispettando gli accordi di Parigi sul clima.

Ambiente e clima, tutti bocciati: nessuno sta rispettando gli accordi di Parigi

Nessun Paese al mondo, Italia in primis, sta rispettando gli accordi di Parigi del 2015 in merito alla riduzione delle emissioni di gas serra al fine di contenere il surriscaldamento terrestre a partire dal 2020.

Al G20 di Roma nessun accordo concreto sul clima è stato raggiunto anzi, nonostante la narrazione al miele della maggior parte dei mass media, è stato annacquato l’obiettivo già pattuito di raggiungere l’azzeramento delle emissioni entro il 2050.

Le speranze ora sono tutte rivolte alla COP26 di Glasgow, ma viste le premesse una svolta verde non appare essere all’orizzonte viste le resistenze di Russia, Cina e Arabia Saudita nonostante Ryad sia stata indicata da Matteo Renzi come “il luogo per un nuovo Rinascimento”.

Questa è l’amara verità su ambiente e clima al netto dei “bla bla bla” denunciati dalla giovane attivista Greta Thunberg, con la pandemia che potrebbe far naufragare le residue speranze di cambiamenti reali.

Ambiente e clima: tutti bocciati

Se all’inizio del G20 la base iniziale della discussione era quella del 2050 come momento delle emissioni zero a livello globale, invece che ottenere di più alla fine si è persa anche l’unica data che in passato era stata concordata.

L’obiettivo del 2050 è così diventato il vago “entro o intorno alla metà del secolo”, con la Russia che al termine del G20 ha dichiarato senza giri di parole che per loro la nuova data della neutralità climatica è ora quella del 2060. Una posizione questa condivisa anche dalla Cina.

Per il resto soltanto impegni vaghi sul carbone, sul piantare 1.000 miliardi di alberi entro i prossimi nove anni e sul sostegno economico a quei Paesi a medio e basso reddito più in difficoltà nel campo dei cambiamenti climatici.

A riguardo, la volontà è quella di elargire 45 miliardi l’anno verso questi Paesi considerati “vulnerabili”, un primo passo “verso l’ambizioso obiettivo globale di 100 miliardi di dollari di contributi volontari” come ha scritto il MEF in una nota.

Tutto molto bello se non fosse che già più di dieci anni fa l’ONU in occasione di un vertice a Copenaghen prese un impegno simile: 100 miliardi di dollari l’anno ai Paesi meno ricchi, una promessa poi non mantenuta anche dall’Italia che non ha versato i 3 miliardi annui spettanti.

Un altro accordo che finora è stato disatteso è quello di Parigi, visto che stando ai dati raccolti da Climate Action Tracker nessun Paese al mondo starebbe rispettando quanto pattuito nella capitale francese nel 2015.

Climate Action Tracker Climate Action Tracker Giudizio rispetto accordi climatici

Fonte Climate Action Tracker

Nel dettaglio, il livello più alto di insufficienza sarebbe raggiunto da Russia, Turchia, Arabia Saudita, Iran, Vietnam e Thailandia. Gravementi insufficienti poi Paesi come Cina, Canada, Australia, Brasile, Argentina e India.

L’Italia e l’Unione Europea sarebbe insufficiente al pari degli Stati Uniti, mentre nessun Paese al momento sarebbe in linea con gli accordi di Parigi per contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi.

Con queste premesse e dopo il sostanziale nulla di fatto del G20, appare difficile nutrire delle speranze di successo della COP26: con i Paesi tutti concentrati nella ripartenza dopo la crisi dovuta al Covid, le problematiche ambientali e climatiche rischiano di essere ancora una volta sacrificate.

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